Opinioni

Il direttore risponde. Rom, parliamo di persone non di «categorie» astratte

mercoledì 8 settembre 2010
Caro direttore,sono un nonno adottato (sì, adottato) da due bambini rom di sei e quattro anni che con la loro madre rom romena da tempo in Italia, e ormai separata che non ha ceduto alle ingiunzioni dell’ex marito di abortire perché ritiene che i figli sono un dono di Dio. Nonno adottato perché accolto io, italiano di Lombardia, dall’esigenza di speranza e vita dei piccoli. Nonno adottato perché ho sempre creduto che ciascuno di noi, portatori di valori cristiani, si facesse carico verso i fratelli in difficoltà. Nonno adottato perché non ho creduto nei pregiudizi e mentalità verso i migranti e non mi sono mai adagiato agli stereotipi correnti. Nonno adottato perché, con prove documentate, ho sperimentato quanta sofferenza e livore ricevano quotidianamente questi bambini dalle cosidette persone civili. Sono stato in Romania a conoscere i veri nonni, (ortodossi) gente semplice e umana che hanno saputo infondere ai figli i veri valori. Nonno adottato, sopratutto felice, perché ho trovato in questo rapporto di sincera e disinteressata amicizia, forza e coraggio per andare avanti.

Antonio

Rispetto la cortese richiesta di non pubblicare per intero il suo nome e la località dove vive, caro signor Antonio. Sebbene non la capisca del tutto. La storia che ci racconta, che la riguarda e le appartiene è anche dolorosa, eppure è serena e rasserenante. Credo che noi tutti abbiamo bisogno di tornare a pensare, con molta semplicità, che quando parliamo di appartenenti a un gruppo etnico (o sociale o religioso o politico...) parliamo di persone in carne e ossa, di vicende originali e sempre diverse, di esperienze e di sentimenti che non è giusto e neppure possibile comprimere con sospetto in una "categoria" rigida e negativa. Fare questo non significa abbandonarsi a quello che – con irrisione – viene definito «buonismo», ma cercare di vivere a occhi davvero aperti i nostri giorni e i nostri incontri. Non significa, insomma, rinunciare alla capacità di giudizio e al dovere di distinguere il bene dal male, ma vuol dire resistere alla notte del cuore. Quella che ingigantisce le paure e immiserisce i nostri rapporti con gli «altri». Auguri sinceri e affettuosi a lei e ai bambini rom che l’hanno adottata come nonno. Auguri a ciascuno di noi, in questi tempi popolati da sirene stonate e aggressive. Che ci riesca di essere più generosi e vigili che diffidenti e chiusi.