Opinioni

Risorse limitate e ricchezze da valorizzare. Ripresa preziosa e da sfruttare al meglio

di Leonardo Becchetti martedì 26 settembre 2017

La Nota di aggiornamento per il Documento di economia e finanza (Def) conferma due buone notizie: le previsioni di crescita per quest’anno si attestano all’1,5% e il rapporto debito/Pil comincia lentamente a scendere. L’imperativo è trasformare questa debole ripresa in un volano che consenta di guarire le ferite del Paese: la disoccupazione troppo elevata, la precarizzazione e la sottoccupazione, i quasi 5 milioni di persone sotto la soglia di povertà e i più di due milioni di giovani che non lavorano né studiano. Dalle caratteristiche della manovra si evince la strategia del governo.

Riduzione graduale del rapporto debito/Pil e del deficit, ma senza sottostare alle forzature del Fiscal Compact che imporrebbero una correzione troppo drastica rischiando di soffocare la crescita. Questo passaggio è accompagnato da un impegno nella Ue per aumentare il flusso degli investimenti pubblici alimentato dalle garanzie del Piano Juncker. Lavorando, in aggiunta, per lo scorporo dal computo del deficit di spese per beni e servizi pubblici essenziali (sicurezza, migranti, efficentamento antisismico degli edifici). I limiti delle risorse a disposizione per rispettare i vincoli di bilancio che ci siamo imposti obbligano però il governo a impegnare meno del previsto in tanti capitoli di spesa, quasi tutti meritevoli.

Le risorse per la rete di protezione universale contro la povertà salgono molto poco (e restano molto al di sotto dei 7 miliardi necessari per intervenire a favore di tutti coloro che sono sotto la soglia di povertà). Sul superammortamento e soprattutto sulla riduzione del costo del lavoro le risorse sono meno di quelle sperate. L’impressione che abbiamo tratto nel percorso verso la Settimana Sociale dei cattolici italiani (Cagliari, 26-29 ottobre 2017) dall’indagine sul campo di più di 200 «Cercatori di LavOro» che hanno individuato circa 400 buone pratiche, appunto, in materia di lavoro è che l’Italia ha grandi potenzialità, ma anche alcuni punti deboli che meritano attenzione ancora maggiore. Il miglioramento della qualità del capitale e del lavoro è fondamentale per il successo della manifattura.

È assolutamente urgente ridurre la distanza tra mondo della formazione e lavoro. In Germania quasi uno studente su tre esce dalla scuola o dall’università dopo aver realizzato un percorso di apprendistato. Da noi l’avvio dell’alternanza scuola-lavoro ha suscitato molte resistenze, ma è solo un primo passo in una direzione su cui proseguire con più decisione. Se il valore della scuola non può essere ridotto strumentalmente alla ricerca di lavoro la separazione attualmente esistente tra i due mondi è un ostacolo enorme alla ripresa dell’occupazione giovanile in un mondo in cui l’aggiornamento di qualifiche e competenze è sempre più importante. La ricchezza dell’Italia sono i suoi territori e la globalizzazione è fatta di territori che competono tra loro per attrarre giganteschi flussi che si muovono a livello mondiale (di capitali, di persone, di visitatori). Siamo una Grande Potenza in quel vasto mondo fatto di arte, storia, cultura, biodiversità naturale ed enogastronomica. È pertanto essenziale stimolare e favorire l’autorganizzazione delle parti sociali sui territori attorno a progetti di sviluppo del loro genius loci di cui tutte beneficerebbero.

L’altra enorme risorsa è l’energia delle piccole e medie imprese frenata dalla debolezza di un sistema poco attento alle loro esigenze. L’attenzione verso questo mondo è relativamente maggiore, ad esempio, in Paesi come gli Stati Uniti d’America dove la Small Business Authority ha parere vincolante per decidere se un regolamento può applicarsi alla piccola e media impresa o va adattato per evitare costi fissi troppo pesanti. Se è vero che la crescita dimensionale è auspicabile, è ancora più vero che per crescere bene c’è bisogno di un’«infanzia felice». I costi della giustizia civile (fuori linea rispetto ai nostri partner europei), la pesantezza della burocrazia, il peso fiscale e soprattutto le difficoltà di accesso alle fonti di finanza esterna (bancaria e no) sono ancora un fardello troppo pesante. Un punto finale, delicato ma importantissimo, è riuscire a fare sempre più sintesi tra creazione di valore economico da una parte e sostenibilità ambientale dall’altra. Più che di un problema si tratta di una grande opportunità perché richiede la nascita di una nuova generazione di beni e servizi nella logica dell’economia circolare e una scelta decisa verso le fonti rinnovabili rispetto alle fossili.

Molto importante che in questi giorni l’Asvis, l’Alleanza per lo sviluppo sostenibile, valuti l’impatto della Manovra sugli indicatori di benessere in senso lato (ambiente e aspettativa di vita inclusi) e che il governo debba per legge indicare l’impatto delle sue misure su alcuni di questi indicatori. In un futuro che speriamo molto prossimo disporremo di modelli e indicatori innovativi con i quali poter superare la schizofrenia e le incongruenze tra crescita economica e ben-vivere. Per mettere la manovra economica al servizio del bene comune e dell’obiettivo ambizioso dell’art. 3 della Costituzione: la rimozione degli ostacoli alla piena realizzazione della persona umana.