Opinioni

Il direttore risponde. «Rimettete Lui al primo posto»

Marco Tarquinio martedì 7 maggio 2013
Caro direttore,
vorrei dirti qualcosa per la situazione italiana. Abbiamo cacciato Dio dalle istituzioni politiche e sociali e pensiamo di farcela da soli. Abbiamo commesso il peccato di Adamo, "il Signore della terra". Da grandi e piccoli "signori" abbiamo detto: «Di te non abbiamo bisogno». E sono allo sbando, prima di tutto i politici, i parlamentari, i componenti il Governo. Quanti di loro vanno a Messa alla domenica? Quanti di loro si confessano… Siamo tutti battezzati, o quasi, ma senza Dio, o quasi. Parlare di Gesù Cristo a gente così... Lui è morto e risorto per darci il Paradiso, anche su questa Terra, ma non lo vogliamo. Potresti scrivere a tutti questi "signori" della politica e dell’economia che bisogna rimettere Dio al primo posto? Fai questo sforzo, te lo chiedo come l’ultimo dei missionari in Burundi, cuore dell’Africa e cuore del Mondo. Consideralo la preghiera estrema di chi spera ancora che possano rinsavire tutti quei politici e finanzieri che vogliono "fare" nel sociale e nell’economico, ma senza Dio. Un abbraccio in Gesù e Maria.
padre Vittorio Blasi, Bujumbura (Burundi)
A modo mio, caro padre Vittorio, ho cercato di dire ciò che mi sembrava giusto e necessario in questo passaggio così difficile nella vita politica (ed economica, e sociale) del nostro amato Paese. Ho cioè cercato di indicare, con laici argomenti da cronista e con speranza di cristiano, una giusta e sensata scala di priorità. La voce saggia e forte che risuona in queste righe "missionarie", unendosi ad allarmi e incitamenti venuti da tanti pastori della Chiesa che è in Italia, ci richiama a ciò che è più essenziale, ci invita a ritrovare la prospettiva più alta e, dunque, davvero più umana. Tutti coloro che maneggiano potere e perciò si sentono e si mettono al posto di Dio faranno bene ad ascoltarla, questa «preghiera estrema» che arriva dal «cuore dell’Africa e del Mondo», mentre si accingono ad azioni di governo, a scelte di politica sociale e industriale, a operazioni e calcoli economico-finanziari, a iniziative legislative anche sulle materie più eticamente delicate. Quanto alle domande sulla vita sacramentale di coloro che ci rappresentano e ci governano, non so (e non oso) rispondere. So, però, che tutti i cattolici che oggi ricordiamo e ammiriamo come "statisti", e che nel secondo dopoguerra novecentesco hanno segnato la vicenda della ricostruzione materiale e della costruzione democratica della Repubblica e della società italiana, sono stati persone dalla vita sacramentale assai intensa e pochissimo ostentata. E anche questo dice a tutti noi qualcosa di molto importante su chi è l’unico Signore e la fonte del «bene comune» che possiamo e dobbiamo realizzare. Mi impressiona ricordarlo proprio oggi, nel giorno in cui ci ha lasciati Giulio Andreotti. Ricambio con gioia il luminoso abbraccio.