Il direttore risponde. Riina jr in tv, quell’«onore» falsificato che cancella ogni altro comandamento
Caro direttore,
sono un siciliano “espatriato” e ho seguito la trasmissione “Porta a Porta” con l’intervista a Riina figlio. Trovo ingenuo (un pietoso eufemismo) il dichiarato «scopo di far conoscere, svelare, scoprire il vero volto della mafia» (che è amaro e terribile, dico io). Vedo invece che un prestigioso pulpito è stato offerto a un attore che, come i serpenti con le prede, con lo sguardo fisso e il tono artificiosamente pacato delle sue risposte, ha lanciato i suoi “messaggi” e ottenuto eco mediatica e popolarità. Ha lanciato messaggi agli affiliati e ai giovani aspiranti mafiosi e alle vittime designate o da soffocare col riverente, dovuto, “pizzo”. «La mafia non esiste», era e ancora è il grido dei tanti mafiosi catturati col Vangelo tra le mani assassine, eco della diabolica, mimetica affermazione del Maligno, che stavolta si è servito della responsabile libertà di informazione per affermare il perverso potere e la sete di ricchezza che tanto dolore provoca e tanti lutti. Che dirle ancora? Alla prossima, negativa trasmissione, sarò costretto a considerare la rinunzia all’abbonamento Tv. La misura è quasi colma. Grazie e tanti cari auguri a lei e a tutti coloro che fanno ogni giorno il nostro “Avvenire”.
Gentile direttore,
Vespa intervista il figlio di Riina e sino a qui nulla di male. La Rai manda in onda l’intervista e scoppia un pandemonio. Tutti indignati, ma il giorno dopo! E quello prima dov’erano? L’intervista è andata in onda da sola o ha ricevuto l’autorizzazione di qualche direttore Rai? Vespa ha fatto il suo mestiere, certi altri no.