Quando i vigili del fuoco sono intervenuti, pensavano di avere a che fare con l’ennesimo rogo di rifiuti. Ma lì, sotto uno dei tanti cavalcavia di Giugliano, tra cumuli di rifiuti inceneriti, c’erano due corpi carbonizzati. Immigrati, forse. Dell’Est, forse.Comunque "rifiutati" della società, morti tra i rifiuti dell’uomo. Siamo nella "terra dei fuochi" dove si muore di cancro per i roghi tossici di rifiuti. E dove si vive e si muore tra i rifiuti. Avvelenati e bruciati. Locali e clandestini accomunati da un unico drammatico destino. Degrado ambientale e pessima amministrazione. E non è un caso che sia avvenuto proprio qui, a Giugliano enorme e disordinato agglomerato di 120mila abitanti a nord di Napoli. Terra dove Scipione l’Africano si chiuse in esilio abbandonando Roma («Ingrata Patria mai avrai le mie ossa»). E dove in migliaia, rifugiati e clandestini, fuggono cercando asilo e lavoro. Qui come a Castel Volturno o negli altri paesoni tra Napoli e Caserta. Terra dei fuochi e dell’emerginazione. Non è un caso che da sei mesi circa 400 rom, metà minorenni, debbano vivere sullo svincolo di uno degli assi stradali, non lontano da dove sono bruciati i due immigrati, perché non si riesce a mettersi d’accordo su dove installare un campo. Rom in gran parte cittadini di Giugliano, regolarmente registrati. Che per anni hanno vissuto in campi costruiti su vecchie discariche illegali.E dove il 27 gennaio 2004, nove anni fa, morì avvelenato il piccolo rom Samir, appena 19 mesi. La prima morte bianca da ecomafie. Ora vivono lì, sotto l’asse, tra altri rifiuti e prostitute, tutte dell’Est Europa. Tra auto che sfrecciano, senza acqua né elettricità. Ma potrebbero finire, se passasse la proposta del Comune, in un’altra area con ben 12 discariche dove la terra fuma per le reazioni chimiche sotterranee. Non è un caso che da sei mesi a Giugliano sia all’opera la commissione d’accesso inviata dal prefetto per accertare l’infiltrazione della camorra nell’amministrazione comunale. Mentre il sindaco si è dimesso per candidarsi al Parlamento. Non è un caso che proprio ieri siano stati arrestati esponenti e favoreggiatori del potentissimo clan Mallardo, specializzato nel ciclo illegale del cemento, anche con l’accusa di aver manipolato il voto delle provinciali. Non è un caso che sul territorio di Giugliano ci sia la più alta concentrazione di discariche, sia ufficiali (si fa per dire...), ben 30, sia illegali, innumerevoli. Con inchieste che hanno coinvolto imprenditori, politici e camorristi. E dove, malgrado le promesse, le bonifiche non partono mai. Non è un caso che sia in corso un’inchiesta sulla pessima gestione dei rifiuti nel comune. No, proprio non è un caso. Quattro mesi fa abbiamo denunciato come gli immigrati vivano qui smaltendo (eufemismo) i rifiuti portati dai cittadini, mentre la raccolta differenziata è solo un sogno. Ma nulla è cambiato. Gli abitanti continuano a portare i loro sacchetti, gli immigrati selezionano e rivendono per pochi euro ai rom. Nei rifiuti di giorno e tra i rifiuti di notte, come le due persone bruciate mercoledì. Ancora una volta questo mix di "rifiuti" e "rifiutati". Un concentrato di degrado e disinteresse. Ironia della sorte sotto quel cavalcavia c’è una telecamera posta per controllare chi scarica rifiuti e dà fuoco. Il suo "occhio" elettronico ha ripreso quanto accaduto mercoledì notte, facendo propendere per la tesi di un tragico incidente. Ma sono ben altri gli occhi che devono aprirsi. Come sempre gli unici ben aperti sono quelli della Chiesa locale, che non solo sta denunciando il dramma dei rifiuti, ma è l’unica a interessarsi di rom e immigrati. Caritas e Migrantes della diocesi di Aversa assistono il campo provvisorio e il vescovo Spinillo ha offerto un terreno per predisporne uno definitivo. Ma gli altri occhi, e gli altri cuori, restano egoisticamente chiusi. Sui rifiuti e i rifiutati.