Opinioni

Restiamo umani. Dio-Bambino, computer, vulnerabilità

Pierangelo Sequeri sabato 6 gennaio 2018

E così abbiamo un "baco" nel processore (o forse più di uno, non chiedete a me). Non abbiamo neanche fatto in tempo a mettere i Magi nel Presepe. (Perché noi ce l’abbiamo messi, vero? Con rispetto di tutti, s’intende, e con buona pace di quelli che scrivono "Merry XXXmas" e cantano "Bambino Perù". I Popoli della terra, che sono fatti di uomini, donne e bambini, sono solo commossi allo spettacolo di un Dio-Bambino, con un papà e una mamma senza dimora, che porta una benedizione buona per tutte le case del mondo. Non si dimenticheranno il suo vero Nome, non snobberanno la sua visita gentile. Non l’hanno mai visto un Dio così gentile).

La notizia che oscura la festa, in ogni caso, è questa. Gli omini in camice bianco sono al lavoro intorno al varco che si è aperto nelle difese immunitarie di milioni di neuroni artificiali, ai quali ormai affidiamo spensieratamente le parti connesse della nostro sistema circolatorio artificiale. Una "influenza" tecnologica parallela a quella biologica, insomma (anche se la notizia di allarme è piuttosto tardiva e reticente, per ragioni che qualcuno trova anche sospette). D’altronde, il nostro mondo digitale, o virtuale, che dir si voglia, è sempre più nominato come un mondo parallelo (finirà per convincersene lui stesso, come nei film). Ha funzioni che raddoppiano le nostre: intelligenza artificiale, apparati sensori, persino passaggi di generazione. E si prende anche i virus, con periodiche ricorrenze di vere e proprie epidemie. Il pericolo, questa volta, sembra ancora virtuale (appunto!). Ma gli esperti ci hanno già spiegato che, se anche il nostro tecno-plasma parallelo (computer, tablet, telefoni e quant’altro) avesse subito l’attacco di un virus, non lo sapremmo, perché il neurone-processore non ne conserva le tracce.

Intuiamo abbastanza per capire che, in se stessa, la faccenda è seria. I dottori ci sembrano fiduciosi, però: la prognosi è riservata, ma la terapia è disponibile. Non fosse per il fatto che anche noi umani ci troviamo ormai totalmente esposti agli effetti dannosi di questa vulnerabilità, ci verrebbe da essere un po’ commossi per questa notizia. Questi cervelloni sembrano quasi umani! Proprio come noi si ammalano, ci tradiscono, vanno in confusione.

Dicono persino bugie, sfrontati come adolescenti (le chiamano fake news, adesso: il fatto è che i dispositivi, più bravi di noi a mentire, sono capaci di trattarle come news autentiche). E vanno persino fuori di testa, come nei film. Non molto tempo fa, proprio nel momento in cui è stata lanciata la notizia di una nuova eccitante fase della robotica, che renderebbe le nostre creature meccaniche anche "emozionali" e non solo "intelligenti", si è aperta per l’ennesima volta (senza effetti apprezzabili) la discussione sulla "moralità" che dovrà regolare l’attivazione dei dispositivi intelligenti e interattivi che stiamo inventando.

Insomma, non è affatto tempo di dare le dimissioni da essere umano: anzi, sarà meglio che ci diamo la sveglia, e proponiamo una grande campagna collettiva in rilancio dell’umanesimo. Il tempo del disincanto, del resto, doveva arrivare. Tutto era incominciato, all’inizio della "rivoluzione digitale", con l’euforia di una strumentazione eccitante e prodigiosa, che il nostro ingegno ha imparato a produrre e diffondere. (Sfruttando intelligenza e risorse che non ci siamo creati noi, però: le abbiamo trovate, pronte al nostro servizio e con le regole incorporate). Adesso che questo mondo parallelo ci tiene in ostaggio, qualche brivido di inquietudine, più che di eccitazione, si fa sentire. Se consegniamo tutta la nostra vita alla presunta perfezione e affidabilità dei dispositivi, la mettiamo anche in balìa dei loro difetti congeniti. E dei loro effetti distruttivi.

La differenza è che noi (se vogliamo) possiamo sempre riconoscere la nostra vulnerabilità e farne motivo di solidarietà, pur di continuare a volerci bene. Noi sappiamo fare tesoro anche di due pani e due pesci per un’intera comunità, se vogliamo, pur di sentirci degni della parola data. E siamo persino capaci di perdonarci le nostre colpe, e ricominciare pur di rimanere umani (anzi, migliorando). La tecnica invece non perdona mai: si vende a caro prezzo a chiunque, ci tiene in ostaggio dei suoi apparati, ci illude della sua onnipotenza, ci inchioda alla sua impotenza. E i cocci sono nostri. Non consegniamole tutta l’intelligenza che abbiamo, tutta la sensibilità che abbiamo, tutta la vita che abbiamo. Finché Dio è un Bambino, i robottini rimarranno strumenti utili e persino fantastici: ma non si scambieranno i ruoli con noi. E non si prenderanno i nostri bambini in ostaggio.