«Non abituateci al dilagare del male». Resistere è un dovere, non smetteremo
Gentile direttore,a una signora, che in confessione asseriva che «tutto va male» e che «il male nel mondo è più forte del bene» – convinzione assodata da televisione sempre accesa per necessità di compagnia – ho suggerito come penitenza di non vedere la televisione per un mese! Sono convinto che «al male non va fatta pubblicità»: crea angoscia, disperazione, emulazione. Non crede che ore e ore di diretta sui fatti di terrorismo come di cronaca nera creino assuefazione, inevitabilità, impotenza... nei confronti del male? È certamente un problema annoso di deontologia giornalistica: come si fa, pur credendo al diritto di informazione, a non fare pubblicità al male? Grazie!
Don Luigino Scarponi
È proprio una questione nodale questa che lei solleva, gentile e caro don Luigino. Il problema è la dose d’urto d’informazione "nera", come certa dilatata e compiaciuta cronaca, come i calcoli e gli slogan propagandistici di politici spregiudicati di mezzo mondo o come le bandiere dell’autoproclamato califfo di Raqqa: il capo dei tagliagole islamisti del Daesh. Un’informazione che contribuisce a intossicare di sfiducia, di sospetto e d’odio tanti di noi in questa stagione che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha chiamato ieri una «nuova età dell’ansia» alla quale non possiamo acconsentire, alla quale dobbiamo resistere attivamente e creativamente. Sono d’accordo, in pieno, con il nostro presidente. E mi fa piacere che lei, reverendo amico, mi proponga di tornare con cristiana passione su un tema, quello della qualità civile e umana dell’informazione, che ho affrontato più volte e che domenica scorsa, 24 luglio 2016, rappresentava il cuore stesso del mio editoriale di prima pagina, intitolato «Un’altra storia». È vero: noi giornalisti siamo tenuti a dare ogni notizia degna di questo nome, ma non siamo affatto obbligati a concentrarci sul lato oscuro e sbagliato delle vicende umane o a chiudere gli occhi su quelli, come piace dire a me, che «fanno ogni giorno la cosa giusta» o a negare attenzione alle vittime di ingiustizie, persecuzioni e guerre che così si perpetuano. C’è, appunto, un’altra storia da scrivere. E comincia da una cronaca diversa, capace di non farsi annettere dagli autentici «imperi del male» che, di volta in volta, si affacciano sulla scena del mondo e che non si renda cinicamente complice delle strategie dei signori della guerra e del terrore. Come si fa a offrire una simile informazione? Certo, come lei dice e ripete, non facendosi trascinare in una gratuita «pubblicità al male», ingigantendone le parole d’ordine, rendendosi complici della sua strategia di contrapposizione senza scampo e di divisione feroce. Certo, lavorando in giornali, radio, tv e attraverso internet esattamente in modo opposto per far crescere la consapevolezza della realtà, senza censure e dimenticanze, e per aumentare la determinazione di bene. Non è una bacchetta magica, le cose non cambiano senza fatica, gli orrori non si ricacciano indietro senza sacrificio. Eppure è questo il metodo per sconfiggere la seminagione dell’ostilità, delle ansie e delle paure e il progetto di una mondo nel quale non si può vivere insieme e ci si può solo appostare dietro muri di filo spinato e in trincee contrapposte. Ma non c’è alternativa alla convivenza pacifica e rispettosa. E ci servono idee ed esempi utili per continuare a costruirla. Utile, dunque, il disintossicante digiuno che lei ha prescritto alla signora avvelenata dal male e dalla sfiducia del bene, caro don Luigino. Utilissima un’alimentazione giusta. Cioè una buona informazione. Anche noi sbagliamo, ma facciamo la nostra parte con convinzione e speranza. E non intendiamo smettere.