Lettera al direttore. Resistere alla "disperanza" politica senza farsi abbindolare
Gentile direttore,
sono prossimo ai settanta anni, e diverse volte nella mia vita di cittadino mi sono lasciato trascinare da uomini politici, un po’ per la simpatia che emanavano e talvolta per quello che dicevano e promettevano di fare (Pannella, Segni, Prodi, Monti, Renzi...). A chi non piacciono le prospettive di rinnovamento? E così le facciamo nostre con la speranza che si avverino, ma ahimè ogni volta ho dovuto concludere che mi ero lasciato “abbindolare”. Pensi, direttore, che non ho trascurato neppure Grillo e Salvini... Una sola cosa sono riuscito a capire: appena si entra, in un modo o nell’altro, nei palazzi e soprattutto a Palazzo Chigi sembra di finire nelle sabbie mobili dove quasi tutti i buoni sentimenti sprofondano. Con le speranze di noi cittadini.
Enzo Campagnolo, BiellaSo che quel verbo – abbindolare – non l’ha scelto a caso, gentile signor Enzo. L’aveva usato il cardinal Bagnasco, suscitando un bel po’ di titoli – ai primi di febbraio del 2013 – poco prima delle elezioni generali per l’attuale Parlamento. «Gli italiani hanno bisogno della verità delle cose, senza sconti, senza tragedie, ma anche senza illusioni», disse il presidente della Cei ai giornalisti che lo interrogavano. E a chi gli chiedeva se condividesse un severo parere espresso da me su questo giornale a proposito della scarsa qualità delle risposte della politica («vecchie e deludenti o, nella migliore delle ipotesi, altalenanti») alle domande poste dai cittadini, replicò dicendo, appunto, che «la gente non si fa più abbindolare da niente e da nessuno». Penso che fosse vero allora, come dimostrò il terremoto politico nell’urna che di lì a poco cambiò i tre quarti dei parlamentari e smentì quasi tutte le previsioni della vigilia elettorale. E penso che sia vero ancora adesso, in cui in tanti sentiamo di essere tornati a camminare su un sentiero stretto tra le «sabbie mobili», da lei evocate, che inghiottono quasi tutte le buone intenzioni e i burroni dell’ideologismo e del populismo demagogico. Alcuni dei politici ai quali lei si è via via affidato “per simpatia”, io non li avrei presi neppure in considerazione. Ma ammiro la sua passata tenacia e la esorto, se davvero le interessa la mia opinione, a non arrendersi alla disperanza. Guardare a una personalità e sceglierla è importante, ma penso che in questo Paese la partecipazione politica tornerà a essere una cosa seria, la stima per i partiti almeno decente e la cittadinanza un esercizio più concreto quando saremo di nuovo in condizione di scegliere davvero il nostro parlamentare e la politica tornerà a essere un fatto più corale, basato su regole democratiche e trasparenti e anche su leadership plurali, non quindi sulla logica dell’«uomo solo al comando» che, bene o male (più male che bene), ha caratterizzato gli ultimi venti anni. Questo, per me, sarebbe un benedetto rinnovamento.