Rendetela memorabile. Manovra 2020 e svolta per la famiglia
La prima Manovra del secondo governo Conte potrebbe avere le carte per diventare un intervento memorabile. Negli ultimi giorni infatti si è registrata, almeno a parole, un’accelerazione per sostenere il varo di uno strumento che le famiglie attendono da anni: un assegno unico universale legato al numero dei figli. Il cambio di passo, a dire il vero, si deve più a movimenti di attacco e contrattacco all’interno della maggioranza. Ma poco importa, se questo può condurre a un obiettivo giusto. E l’ipotesi nelle mani del presidente del Consiglio lo è. Si tratterebbe, in buona sostanza, di convertire parte delle risorse destinate attualmente ad altre misure per varare un "child-benefit" sul modello di altri Paesi europei: circa 150 euro al mese per ogni figlio, erogato a dipendenti e autonomi, o 250 euro se a questo scopo venissero orientate anche le detrazioni per i familiari a carico.
La proposta, promossa con decisione dal Forum delle Famiglie, era stata suggerita cinque anni fa da una delega presentata dal senatore del Pd Stefano Lepri e oggi si trova riformulata in un nuovo disegno di legge delega a prima firma Graziano Delrio. Ma tutte le principali forze politiche, da M5s a Italia Viva, dalla Lega a Forza Italia, hanno apertamente dichiarato di essere a favore di un assegno unico. Se la politica non è fatta di parole al vento, dunque, l’assegno dovrebbe essere in dirittura. In questa fase tuttavia è presto per ragionare sulle cifre, i dettagli e le risorse.
Meglio chiedersi allora quali sono i princìpi da difendere per uno strumento che, essendo destinato a tutti coloro che hanno figli a carico, rappresenterebbe una realtà rivoluzionaria per l’Italia.
Nei Paesi che in Europa più spendono e meglio spendono alla voce "famiglia e figli", una parte delle risorse serve a finanziare servizi per la cura dei piccoli e favorire l’armonizzazione dei tempi per la famiglia con quelli per il lavoro. Dunque nidi e materne per tutti – gratuiti per le fasce deboli, a tariffe calmierate per le altre – o ancora contributi per le baby sitter, congedi parentali e via dicendo. Un’altra parte consistente è invece destinata alle agevolazioni fiscali e/o alle erogazioni monetarie, cioè a un assegno universale, che è a importo fisso per tutti.
Il tema di un benefit unico e universale ha il merito di superare la logica variabile e occasionale dei bonus, di essere uno strumento semplice e comprensibile, di mettere sullo stesso piano tutti i figli. È solo una parte di quello che dovrebbe essere un moderno sistema, non tanto di sostegno "al bisogno", ma di incentivi alla famiglia e alla natalità, perché è di questo che si dovrebbe parlare in un Paese in emergenza demografica grave e che nei prossimi anni secondo le proiezioni di tutti gli istituti di ricerca andrà incontro a seri problemi di sostenibilità del sistema di protezione sociale, per carenza di popolazione attiva.
La questione andrebbe affrontata con serenità e onestà intellettuale.
L’assegno unico può rappresentare una rivoluzione copernicana nel momento in cui anche in Italia si incomincia a superare l’impostazione che interpreta le politiche per la famiglia come politiche di contrasto alla povertà. L’obiettivo di sostegno alle fasce deboli va raggiunto con strumenti dedicati, così come per la redistribuzione della ricchezza esiste la leva fiscale. Un assegno per i figli dovrebbe invece rappresentare l’occasione per trasferire a tutte le famiglie l’idea che lo Stato e la comunità sostengono e accompagnano chi si fa carico di crescere ed educare le nuove generazioni, investendo sul futuro.
Nel tempo in Italia sono state introdotte diverse misure per finalità specifiche o per sostenere settori economici, senza mai considerare il reddito familiare: si pensi proprio al bonus da 80 euro, o al bonus formazione per gli insegnanti, al bonus per i maggiorenni, alle detrazioni per chi cambia il condizionatore o per chi ristruttura l’abitazione. Cosa ci spinge allora a chiedere ogni volta limiti e barriere solo quando si parla di nascite e di figli? Ciò che va riconosciuto è il valore del figlio, che prescinde e supera le condizioni della famiglia in cui nasce. In Italia mancano molti primi figli, ma ormai mancano anche i secondi e soprattutto i terzi e i fratelli successivi, in un processo che sta portando alla drammatica estinzione delle famiglie numerose.
È chiaro che dietro questa deriva vi è anche una profonda trasformazione di carattere culturale. Eppure se l’Italia è diventato il secondo Paese più 'anziano' al mondo, dopo il Giappone, e tra le nazioni col più basso di fecondità, la cultura non spiega tutto: le ricerche dimostrano che in Italia al crescere del numero di figli i redditi medio-bassi diventano ancora più poveri e i redditi medio-alti vedono scendere più che altrove il reddito disponibile.
Proprio per questo è urgente sottrarre la famiglia a ogni contesa ed elevarla a soggetto da proteggere e tutelare a prescindere. In questo momento ci sono tutte le condizioni perché la prossima manovra diventi la prima a correggere la distorsione di un Paese che nei fatti disincentiva la natalità e il desiderio di famiglia. Il concetto destinato a passare con un assegno unico sul modello europeo è che prima di favorire i lavori in casa per fare spazio a un figlio andrebbe sostenuta la nascita di quei figli che portano poi a 'ristrutturare' anche le mura domestiche. Una casa piena di vita che dovremmo sempre di più imparare a guardare come patrimonio di tutti.