La lezione di Massimo Severo Giannini. Regionalismo sbagliato e lucidità per cambiarlo
Frequentavo, come studente del terzo anno di Giurisprudenza, le lezioni di Massimo Severo Giannini, ritenuto concordemente, e a ragione, uno dei grandi studiosi di diritto amministrativo. In quell’anno accademico (se ricordo bene, il 1964) Giannini decise di affrontare uno dei temi più controversi di quegli anni: l’attivazione delle Regioni, istituzioni previste sì dalla Costituzione, ma rimaste come si suol dire 'sulla carta', pur essendo passati anni e anni dall’introduzione della nostra democratica e repubblicana Legge fondamentale. Gli argomenti di Giannini erano limpidi e assolutamente condivisibili: il nuovo sistema costituzionale era ricco di meriti e degno di molti elogi; ma era anche burocraticamente intricato, pieno di conflitti di attribuzione e soprattutto carente di coerenza: pensato e scritto nell’orizzonte del decentramento amministrativo, non solo non aveva realizzato questo suo obiettivo prioritario, ma aveva moltiplicato i 'centri' di potere attivando tra di loro conflittualità faticose e a volte addirittura grottesche. Le conclusioni del grande giurista erano limpide e lineari: bisognava subito attivare il decentramento regionale e se avessimo seguito le linee lucidamente indicate dalla nostra Costituzione, probabilmente saremmo riusciti a raddrizzare un sistema amministrativo palesemente in affanno, prima del suo definitivo tracollo.
Sappiamo tutti come sono andate a finire le cose: le Regioni sono state alla fine istituite, ma faticosamente, introducendo nel nostro sistema nuove e discutibili figure a mezza strada tra la politica e l’amministrazione (basti pensare all’espressione 'governatore' usata per alludere ai presidenti delle Regioni, ma serenamente ignorata dalla Costituzione ) e attribuendo ai giudici amministrativi (Tar e Consiglio di Stato) incombenze nuove e altrettanto faticose di cui solo in rari casi si ravvisava la necessità. Ma soprattutto con l’introduzione delle Regioni, aggravata dall’infausta riforma dell’art. 114 della Costituzione, si è introdotto in Italia una sorta di 'federalismo di fatto', che come è stato saggiamente notato più volte e da più commentatori anche su queste pagine, ha prodotto un increscioso moltiplicarsi di prescrizioni, certificati, permessi, licenze, dichiarazioni di conformità, assieme a una soffocante crescita di nuovo personale e di nuovi addetti oltre che di conflitti tra amministrazioni distinte.
In aggiunta a tutto questo, ha accentuato la fattuale frattura dell’Italia in un Nord regionalmente attivo e in un Sud regionalmente impantanato e ingolfato da cattive amministrazioni, da pessima gestione del territorio e da un’evidente incapacità di gestire in modo adeguato i sistemi scolastici e i sistemi sanitari, umiliando le generazioni più giovani delle nostre Regioni meridionali.
Sintesi brevissima di questo discorso: a distanza di tanti e tanti anni, l’intelligenza amministrativa di Massimo Severo Giannini si è dissolta e di essa rimangono solo flebili memorie, come appunto la mia. E restiamo tutti nell’attesa che il sapere giuridico, di cui tanto l’Italia andava, non a torto, orgogliosa, possa rifiorire, secondo modalità e paradigmi di cui nessuno riesce, oggi come oggi, al prevedere possibili positivi sviluppi. E questo è, dovrebbe essere, il compito di decisori e legislatori lungimiranti e non mediocremente calcolatori.