I un clima nazionale «non esattamente fiducioso», come l’aveva definito il giorno prima il capo dello Stato, Enrico Letta ha incassato ieri la fiducia del Parlamento per un nuovo, sperabilmente più fruttuoso, inizio del suo cammino governativo. Il voto di Camera e Senato ha marcato in effetti l’avvio di un tragitto politicamente ben diverso da quello intrapreso con l’esecutivo di servizio costituito sette mesi fa sotto l’egida del Quirinale e supportato dalle "larghe intese". Ma ha fatto bene il presidente del Consiglio a sottolineare, in diversi momenti dei suoi interventi davanti alle due assemblee, che gli obiettivi per il suo «impegno 2014» si saldano pur sempre ai primi risultati conseguiti, nonostante sussulti e strappi, grazie all’azione svolta da fine aprile a oggi. Traguardi, non l’ha nascosto, in qualche caso inferiori alle attese e agli auspici a suo tempo condivisi anche da chi ora gli ha voltato le spalle, ma comunque necessari a porre le basi di una ripartenza tanto più ambiziosa quanto più impellente si è fatta l’urgenza di rimettere in piedi il Paese.Ecco dunque che «il prima e il dopo» del premier si innestano – quasi filologicamente – sull’identica "mission" di origine, ma vanno anche distinti con nettezza. Cosa che Letta ha rivendicato, ricorrendo talvolta a toni insolitamente battaglieri e affrontando a viso aperto l’opposizione, soprattutto quella più virulenta dei grillini. È evidente, poi, che la volontà dichiarata di lottare con tutto se stesso e di battersi «come un leone», per impedire che il Paese torni nel caos, che ripiombi nelle secche del «ventennio sprecato», nasce sia dalla percezione di una più compatta condivisione del progetto sia dalla garanzia acquisita, almeno in partenza, di un leale sostegno da parte del nuovo leader democratico Matteo Renzi.Nella filigrana delle dichiarazioni programmatiche, in particolare nell’insistenza con cui ha indicato termini e scadenze di vari interventi in materia di riforme e di rilancio dell’economia, si può leggere peraltro la consapevolezza che il tempo a disposizione del premier non è moltissimo, anche se l’orizzonte assegnatosi copre l’intero prossimo anno e magari qualche mese ancora. Ma il primo a sapere che un risultato negativo alle elezioni per l’Europarlamento, a fine maggio, potrebbe pesantemente condizionare il suo futuro è proprio l’europeista Enrico Letta, che non a caso ieri ha dedicato al rilancio dell’Unione la parte più efficace e suggestiva del suo discorso.§Di qui il preannuncio di una raffica di provvedimenti, già a partire dal Consiglio dei ministri di domani, per corroborare i timidi segnali di ripresa manifestati nel settore produttivo, per creare nuove opportunità e gettare nuovi semi di speranza tra le schiere dei giovani disoccupati o precari, per accompagnare e se necessario incalzare l’azione riformatrice del Parlamento.Non soltanto quindi «bisogna fare di più», come ha riconosciuto il premier proprio parlando dell’emergenza lavoro, ma occorre farlo presto.
Quando ieri sera, nella seconda e conclusiva replica al dibattito sulla fiducia nel Senato, il premier ha negato con forza che le proteste confuse e spesso ambigue dei cosiddetti "forconi" siano rappresentative dell’intero Paese, ha con ogni probabilità colto nel segno. Non meno condivisibile è il suo monito contro chi si mostra incline a «lisciare il pelo» di quanti puntano a stravolgere le regole della rappresentanza democratica. Magari spingendosi fino a prevedere l’ingresso dei forconi in Parlamento, come ha infelicemente auspicato il nuovo segretario leghista Matteo Salvini.
E tuttavia certe intemperanze di piazza, sintomo obiettivo del disagio concreto e acuto di tanti italiani in difficoltà, troveranno sempre voci pronte a strumentalizzarle a proprio vantaggio. Ecco perché, realisticamente, tra Natale e Pasqua si gioca in buona parte la credibilità e il destino di uno sforzo di per sé meritorio e meritevole di un successo che gli auguriamo senza riserve.