Caro direttore,sono un lettore e sono anche un assiduo e affezionato ascoltatore della rassegna stampa "Prima Pagina", in onda ogni mattina alle ore 7.15 su Radio3 Rai. Mi piacciono le rassegne stampa complete; dove tutti i giornali sono commentati. Lei ha condotto la trasmissione a metà ottobre, la settimana seguente alla sua "guida" era invece convocato il vicedirettore del "Foglio" Giuli. Quasi alle fine della settimana, alle ore 7.48 del venerdì, dopo quindi una buona mezz’ora di conduzione quotidiana e nessuna citazione di nessuna delle ricche pagine del nostro quotidiano "Avvenire" io – che mal sopporto le volute discriminazioni in tutti i campi – mi sono armato di un piccolo sms e ho scritto così: «Gent. cronista, le chiedo di informarci se per caso il quotidiano "Avvenire" ha cessato le pubblicazioni in settimana... Oppure devo concludere che lei è un vero mangia-cristiani però poco cronista?». Forse sollecitato dalla regia (?) il signor Giuli, in
cauda venenum, dopo breve citazione di un articolo interno di "Avvenire" e con un certo disagio, legge il mio sms e con
nonchalance commenta: «…un mangia-cristiani no, ma un mangia-preti, sì». La mia domanda per lei, direttore, è questa: esiste una regola tra i giornalisti riguardo all’obbligo di citazione, anche partigiana, ma di tutti i giornali che arrivano in una trasmissione Rai? E ancora, quali fonti si sfogliano come "fruscianti" edizioni di carta o come "silenziose" edizioni online? Io, mi permetterei di suggerire che l’indice delle tirature e delle vendite dovrebbe determinare una scaletta teorica, senza esclusione di nessuno. Che cosa ne pensa? Certo, questo non salverebbe dal fatto che la faziosità si annida anche e soprattutto nel bypassare le notizie di prima pagina... Un’ultima cosa: la sua conduzione della rassegna stampa di Radio3 è stata anche quest’anno efficace per tono, profondità, pacatezza... Con tanta stima.
Eugenio Ginocchio, CamogliLa ringrazio, caro signor Ginocchio, per la stima e la fedele amicizia di lettore e rispondo volentieri alle sue domande "tecniche". 1) Nelle rassegne stampa Rai non mi risulta che esista alcun obbligo di citazione e la mia esperienza mi dice che ognuno sceglie liberamente che cosa fare e che cosa leggere, un po’ come quando un lettore va all’edicola sotto casa. E proprio come all’edicola i casi sono tre: a) i giornali sono tutti ben esposti e, così, possiamo guardare e comparare i titoli, facendoci attrarre non solo dal giornale abitualmente preferito, ma anche da quelli con tagli diversi e interessanti; b) i giornali sono tutti in qualche modo esposti, ma chi li propone mette sistematicamente in primo piano soltanto alcuni di essi; c) non tutti i giornali sono esposti, anzi alcuni sono proprio nascosti cioè "maltrattati". 2) A "Prima Pagina", il conduttore di turno dispone di un gran numero di "fruscianti" giornali di carta, praticamente tutti i quotidiani nazionali e interregionali, mentre alcuni (pochissimi) giornali locali arrivano in "silenziosa" versione digitale. Consultarli tutti costa fatica e richiede tempo. Prima di andare in onda si ha, al massimo, a disposizione un’ora e un quarto di lavoro preparatorio. 3) Non amo i criteri quantitativi come quello che lei ipotizza e non mi faccio condizionare da essi nelle scelte che opero sia nella mia quotidiana lettura personale sia nelle occasioni in cui mi capita di esercitarla in pubblico, come appunto a "Prima Pagina". Da lettore (ancora e sempre appassionato) mi catturano la qualità, la profondità e la solidità degli articoli, mi incuriosiscono le voci diverse e fuori dal coro, cerco di regalarmi tutta la possibile "bella scrittura". Ma se nelle rassegne stampa si dovesse dar spazio ai giornali con un occhio alla classifica della diffusione e delle vendite, "Avvenire" – che alcuni conduttori di rassegne, addirittura ostentatamente, ignorano o fingono di ignorare – se ne avvantaggerebbe, visto che anche in questo senso è tra i primissimi quotidiani italiani. Infine, dopo la serie di risposte "tecniche", una annotazione meno neutra. Un conto è aver fame di verità, in qualunque modo, persino da mangiapreti, addirittura con ottocentesco piglio anticlericale (e anticristiano, checché se ne dica). Tutt’altro conto è censurare con tenacia: per snobismo, ideologia o pura e semplice, umanissima, antipatia. Questo alcuni fanno. E il problema è soprattutto loro.