Covid-19. Questo mondo in disordine e le assenze che più pesano
Dove è finita la diplomazia? Dove stanno gli interessi superiori? Dove è il rispetto dei cittadini che si dovrebbero rappresentare?
E dove sono l’Europa e le Nazioni Unite? Le due emergenze internazionali, una di più longue durée e una più cogente, sono la pandemia di Covid-19 e la crisi Ucraina. In entrambi i casi, lo dimostrano i fatti, gli «interessi di Stato» (per usare un eufemismo e non dire personali) prevalgono su quelli generali o di blocco come si usava dire ai tempi della Guerra fredda. A soffiare sui fuochi delle guardie russe, che li hanno accesi da settimane circondando l’Ucraina con 130mila uomini, sono essenzialmente il premier britannico Boris Johnson che anche nelle ultime ore ha evocato in ogni dove la parola 'guerra' e Joe Biden. Il primo impegnato a nascondere le bottiglie di champagne consumate durante i festini a Downing Street in piena pandemia e sbattute in pagina dai giornali, il secondo intorno al 40% di consensi, senza una vera maggioranza al Senato e, dunque, con ogni legge paralizzata e all’orizzonte un voto di Midterm che rischia di azzopparlo (come l’anatra della nota metafora) più di quanto già non sia. Un terzo protagonista d’Occidente è il francese Emmanuel Macron che ha fatto la spola, più telefonica e mediatica che fisica, tra Washington e Mosca, impancandosi nel ruolo di grande mediatore, anche in quanto guida della Ue nell’attuale primo semestre del 2022. Tra tre mesi, però, il presidente transalpino dovrà tornare davanti agli elettori e questo attivismo, per tanti suoi detrattori, è a dir poco sospetto. Anche perché i risultati non si vedono.
Sotto tiro, in queste ore, resta anche il nuovo cancelliere tedesco Olaf Scholz, al punto che ieri si è dovuto difendere dall’accusa di essere stato «influenzato» dal suo ultimo predecessore della Spd, Gerhard Schroeder, ora ai vertici della russa Gazprom. Fuori da qualsiasi gioco invece la persona preposta a questo da Bruxelles, il capo della diplomazia (così è chiamata) europea: Josep Borrell. Neanche l’ombra, infine, di mediatori delle Nazioni Unite con un qualche ruolo nel gioco delle parti in corso. Sul Covid la situazione è per certi versi più palese e forse (se mai fosse possibile) un po’ più imbarazzante. Chi sono i Paesi che più di altri stanno accelerando per la 'normalità' post pandemica. In Francia ci sono ancora 155mila nuovi casi e una media di 130 morti al giorno, ma l’ordine impartito dell’Eliseo è chiaro: il pass vaccinale non serve più e va eliminato nel giro di pochi giorni. A Londra invece, con 90mila contagiati al dì, i morti d’ogni giorno si attestano intorno alla cinquantina. E la fretta è persino più forte: dalla prossima settimana anche i malati conclamati non dovranno più rispettare le quarantene, provvedimento che era invece previsto per la seconda metà del mese di marzo.
La domanda che molti cominciano a porsi, tra questi il professor Tim Spector del King’s College di Londra che ha etichettato Johnson come «irresponsabile», è secca: perché si accelera? Perché si fa finta che il problema Covid sia risolto nel Nord del Mondo e si continua a lasciare ancora gran parte del povero Sud del pianeta al suo destino? La risposta è forse dentro i dati e tra le considerazioni scritti finora. Il contagio e la politica non viaggiano con la stessa velocità e neanche nella stessa direzione. E dovremmo averlo imparato bene in oltre due anni di pandemia. Così come la minaccia che incombe su milioni di esseri umani nell’Est dell’Europa non sembra messa al di sopra di tutto… Dove sono le Nazioni Unite e quanti Consigli di sicurezza (paralizzati dall’alleanza tattica sino-russa) si sono espressi per la de-escaltion? Dove sta l’Unione Europea che più di altri è minacciata da vicino dall’esibizione di muscoli sulla neve del Donbass ucraino e che offre una buona parte di truppe e uomini all’Alleanza Atlantica? Non è mai troppo tardi per rendere superflue queste domande, ma potrebbe diventarlo. Speriamo di no.