Cattolici e politica. Questo è il momento di «pensare cose nuove»
Caro direttore, le elezioni europee si stanno avvicinando e già si avvertono segnali che annunciano la formazione di nuove aggregazioni politiche, nella consapevolezza che molti spazi conquistati cinque anni fa andranno perduti e che nuovi spazi dovranno essere (faticosamente) conquistati. Si segnalano, in particolare, diverse iniziative provenienti dall’associazionismo cattolico, tutte generose, alcune purtroppo – almeno a parere di chi scrive – ingenue. La questione centrale, naturalmente, è quella dei programmi da proporre all’elettorato. Sul piano delle iniziative sociali, ecologiche e finanziarie esiste un’ampia convergenza tra i cattolici, anche per i ripetuti e lucidi segnali che papa Francesco sta inviando da tempo attraverso il suo magistero. Ma è evidente che si tratta di temi che da tempo sono entrati stabilmente nei programmi di altri movimenti e di altri partiti e che quindi non possono costituire di per sé la specificità di iniziative politiche cattoliche: queste sono indubbiamente chiamate a dare il loro contributo se non alla soluzione, almeno alla gestione dei nuovi problemi intricatissimi del nostro tempo (si pensi soltanto alle dinamiche migratorie), ma certamente non possono farlo da sole: devono assolutamente ricorrere a efficaci convergenze sociali e ideali.
Ciò che davvero costituisce, oggi, la specificità cattolica sono invece le grandi questioni di etica pubblica: la famiglia, l’aborto, la procreazione, l’eutanasia; questioni ampiamente rimosse o comunque marginalizzate dalla cultura secolarizzata oggi dominante. E qui si pone un problema veramente gigantesco.
Nella scorsa legislatura (e anche in quelle precedenti) i cattolici hanno ingaggiato dure e nobili battaglie su queste tematiche, con esiti (tranne rari casi) negativi. Mettiamo provvisoriamente da parte la questione dell’aborto, piaga antica difficile da sanare. Sulla famiglia non solo è stato introdotto in Italia il riconoscimento delle unioni civili, in forma tale da renderle per troppi versi indiscernibili da quelle coniugali, ma sta dilagando l’accettazione, sia pure in modo indiretto, cioè per via giurisprudenziale, dell’omogenitorialità. In tema di procreazione, la fecondazione eterologa è stata non solo legalizzata dalla Corte Costituzionale, ma è ampiamente (anche se non unanimemente) accettata dall’opinione pubblica. Il contrasto alla pratica della maternità surrogata sta diventando flebile. Sulle tematiche di fine vita è stata approvata una legge che, personalmente, ritengo l’unica possibile nel contesto politico italiano attuale; ma le richieste di introdurre esplicitamente l’eutanasia nel nostro ordinamento (almeno nelle forme del suicidio assistito) si moltiplicano.
Ebbene, a fronte di tutte queste pressioni, la voce dei cattolici è debole: non nei toni, che possono anche essere altissimi, ma nella forza argomentativa. Su tutte le tematiche che ho sommariamente elencato, molti cattolici impegnati in politica continuano a ripetere formule dottrinalmente corrette, ma che appaiono vecchie e stereotipate: formule che – ahimè! – hanno perso forza mediatica. Di questo dobbiamo prendere coscienza, prima che istanze fondamentali vengano confinate in una piccola nicchia, rispettata sì dalla cultura laicista dominante, ma solo perché priva di rilevanza pubblica. Che fare allora? Dobbiamo pensare cose nuove. Bisogna abbandonare paradigmi nobili, ma consunti e pensare cose nuove, a partire dalle nuove provocazioni del sociale. Alcuni esempi. L’appello ai diritti umani fondamentali e ai valori della 'persona' ha ancora una sua presa, ma la lettura prevalente che oggi si dà dei diritti e della 'persona' ha ormai un carattere individualistico e libertario, incompatibile con la visione solidaristica del Vangelo: contro questa lettura dobbiamo impegnarci tutti. Si diffondono a macchia d’olio rivendicazioni eutanasiche: ma la nostra lotta contro l’eutanasia deve prendere atto che questo concetto si è frantumato e che non può più essere affrontato in modo univoco; dobbiamo misurarci con la dura realtà che ci pone di fronte a una molteplicità di diverse pratiche eutanasiche, che richiedono, per essere combattute, strategie del tutto nuove, molte delle quali ancora da elaborare. Ancora: la crisi della famiglia tradizionale ci impone di ristrutturare con nuova sapienza giuridica le forme alternative di convivenze e di genitorialità, che negli ultimi decenni si sono consolidate sotto i nostri occhi, a partire dalle cosiddette famiglie 'arcobaleno' per giungere alle famiglie omosessuali e omogenitoriali.
E perfino la tragica questione dell’aborto (piaga aperta e sanguinante) non può più essere affrontata come un tempo, almeno da quando le nuove pillole abortive, facilmente distribuibili attraverso le farmacie, l’hanno di fatto largamente 'privatizzata' e sottratta sempre più a ogni concreto controllo pubblico. Dobbiamo pensare cose nuove, perché la realtà nella quale siamo immersi si rivela tragicamente 'nuova'. Dobbiamo elaborare nuovi paradigmi, ricorrendo alle energie delle tante diverse associazioni (movimenti, università, scuole, organizzazioni professionali, ecc.) che continuano a lavorare meritevolmente, ma spesso anche infruttuosamente, perché si rivelano incapaci di attivare efficaci reti di collegamento reciproco. Dobbiamo soprattutto avere il coraggio di rinunciare ai vecchi 'no', che si sono rivelati assolutamente sterili, per sostituirli con nuove forme di 'no', da ripensare con intelligenza e che appaiano inedite, lucide e soprattutto umanissime, secondo le indicazioni che quotidianamente ci provengono da papa Francesco. Altrimenti, accanto al declino della politica, che sta sotto gli occhi di tutti, saremo costretti a prendere atto del meritato declino della tradizione politica cattolica italiana.
*Ordinario di Filosofia del diritto Università di Roma Tor Vergata