Gang giovanili. Quei figli orfani del fare e del bene
«Lo usavano come un bancomat», dice il Procuratore della Repubblica di Taranto. Sei mesi dopo, un’altra storia simile a quella di Antonio Stano, il malato di mente di Manduria perseguitato e picchiato da un branco di ragazzi, che morì poi in aprile in ospedale. A Sava, sette chilometri da Manduria, ieri venti giovani arrestati o indagati per estorsione, furto, rapina e atti persecutori contro un disabile. In otto sono minorenni. L’uomo da mesi subiva continue vessazioni da una banda di ragazzi. Si presentavano non appena al poveretto arrivava la magra pensione, puntuali: venti, cinquanta euro alla volta. Nel video girato dai carabinieri la vittima esce di casa e porge a un ragazzino, in fretta, una banconota, senza opporre resistenza. Non era il caso di fare storie: lo avevano anche minacciato con una pistola. Uomini soli, malati, inermi, che diventano prede di giovani teppisti di paese: non solo per soldi che, ma anche, e forse soprattutto, per passatempo. Un ignobile passatempo.
Questa volta le forze dell’ordine hanno fermato il 'gioco'. A Manduria Antonio Stano non resse a mesi di sevizie, che i suoi aguzzini filmavano con il cellulare e mettevano su WhatsApp, come fossero video di scampagnate. Semplicemente l’audio di quei video – risate, ghigni, colpi, insulti – mentre il poveretto gridava: 'Sono solo!', tolgono il fiato. Toglie il fiato, il male gratuitamente fatto a un innocente. Il pm denuncia che simili episodi sono ormai un’emergenza, e chiede un tavolo di confronto fra inquirenti, educatori, opere assistenziali. Riferisce che a Manduria la madre di un adolescente, al magistrato che chiedeva come suo figlio poteva avere perseguitato un indifeso, aveva risposto: 'Ma questi ragazzi non hanno niente da fare!' Il che di certo non giustifica niente, eppure è vero. Non hanno niente da fare, in molte province del Sud e anche di altre in Italia, quelli che non vanno più a scuola e nemmeno trovano un lavoro. Ne vedi, nei paesi, che nei bar 'giocano' con le slot machine, e tirano sera. Quasi sempre non fanno nulla di male, se non sprecare i loro diciotto anni.
Salvo che, come a Manduria o a Sava, uno di loro non concepisca, all’inizio quasi come uno stupido modo per passare il tempo, l’idea di vessare un poveretto. Nel vuoto di giorni senza nulla da fare, il male si contagia più facilmente. Nel vuoto anche del cuore: il solo fatto che la banda di Manduria mettesse sul web le proprie violenze testimonia come quel branco non avesse in sé neanche la distinzione fra il bene e il male. Dentro a un grande vuoto possono perpetuarsi a lungo prepotenze nascoste e vili, mentre la gente, attorno, non si accorge di nulla. E ti verrebbe da chiederti quale mutazione ci ha colpiti, per trasformare così quei ventenni. Sono figli nostri, pronipoti degli emigranti che partivano per l’America, o andavano a spaccarsi la schiena nelle miniere in Belgio; ma alla fine, con grandissimi sacrifici, in maggioranza si facevano valere, si integravano, si facevano una famiglia, avevano dei figli. Questi invece, dice una madre, 'non hanno niente da fare'.
Non avere nulla da fare, a vent’anni, nell’età delle forze piene, del desiderio di vita, è terribile. Come archi con la freccia, tesi davanti a un orizzonte annichilito. Ma chi ha mancato, se non i genitori, gli insegnanti, gli adulti, per lasciare crescere branchi senza meta e senza guida? Quelli di Manduria si facevano chiamare 'La compagnia degli orfanelli'. (Quasi, nello sbandamento, un attimo di lucida coscienza). Orfani. Le storie del Tarantino sono terribili, degenerazioni impazzite di noia e umanità non ereditata. Senza però arrivare a tanto quanti, dentro l’abbandono scolastico e la disoccupazione giovanile italiana, girano a vuoto? Come orfani, non trovano un padre, una madre, un insegnante, un prete che sappia comunicare loro un senso buono della vita, una certezza per cui alzarsi al mattino, e darsi da fare, e sperare. Solo dentro a sacche di vuoto di senso, come in ambienti snaturati da un invisibile inquinamento, crescono piante maligne quali il gusto di tormentare i più deboli. Trasmettere un senso buono, è la cosa più urgente che noi adulti abbiamo da fare. Non se ne parla, nei programmi e nei 'contratti' della politica, eppure è un’emergenza, un silenzioso sgretolarsi della catena generazionale. Saper tramandare ai figli la ragione del lavorare, amare, avere figli, vivere, è il più grande compito. Ciò che veramente costruisce e salda e continua un popolo: questa parola oggi così abusata, eppure, nelle sue intime radici, quasi dimenticata.