Afghanistan. Quest'occidente che straparla e solo guarda sangue e lacrime
Un «brusìo di fondo» e immagini su cui commuoversi come vecchi cicisbei Sono certo che per gran parte del mondo, compresa quella enorme maggioranza che nutre le proprie frustrazioni nel baratto improbabile tra etica del gesto e virulenza dello sproposito gratuito immesso dalla propria postazione più o meno tecnologica nel mare magnum del web, l’Afghanistan e i suoi conflitti siano stati finora una specie di brusìo di fondo, percepibile solo ogni tanto per le più varie convenienze comunicative tra le pieghe dei notiziari, tutti rivolti a gossip più o meno coronato o ai tremendi crimini Covid related, tipo mascherine, movide e inseguimenti da spiaggia in stile cavalcata delle valchirie.
A questo si aggiunge un indiscutibile senso di arcaico insito nel termine taleban, che sembra sbucare da qualche libro di storia assiro-babilonese. Tutto così lontano da apparire assente. Eppure l’Occidente cosiddetto civile aveva impegnato fior di risorse economiche e umane negli ultimi vent’anni, sulla carta per cambiare lo status quo politico del luogo e portarlo a un livello accettabile di rispetto per i diritti umani e civili, a una forma di democrazia e Stato di diritto che archiviasse stupri e lapidazioni, tagli di mano e teste. Sarà la storia a dar conto di tutto questo 'impegno', ma quello che sin d’ora risulta sorprendente è la scelta di abbandonare improvvisamente tutta questa teoria di obiettivi virtuosi, lasciando l’Afghanistan alla mercé di se stesso. È stupefacente che i distinguo sull’etica di questa scelta si facciano sulla conta dei collaboratori delle forze alleate sul campo e degli impiegati delle ambasciate, dei cittadini dei vari Paesi che si devono salvare da un luogo che – nonostante le promesse che valgono quello che sono essendo siglate da un lupo che si finge cappuccetto rosso per rendere accettabile l’orrore – tornerà in uno stato di convivenza tragica e imposta, le cui vittime sono sicure, e si stanno già contando. È ovvio che ogni Stato debba tutelare i suoi cittadini, ma non è per questo che gli Usa e tutti gli altri sono andati in Afghanistan. La ragione era una missione umanitaria e di liberazione dal sopruso di tutto il popolo afghano.
Oggi sorprende quanto questo sia un argomento fantasma nelle argomentazioni ufficiali. Scappiamo, salviamo i nostri e i fedelissimi, e gli altri, il sangue umile e innocente che non fa copertina, si arrangino. In realtà, tutto ciò sorprende relativamente. È semplicemente ridicolo pensare che il presidente degli Stati Uniti abbia scelto la ritirata improvvisa, che coincide con un tempismo del tutto sospetto con la riconquista del territorio da parte dei taleban, evidentemente in attesa del via, per una sua debolezza personale. I suoi due immediati predecessori avevano preparato questo strappo.
Certamente vi sono motivazioni molto complesse e ragionate da tempo, economiche e politiche, che non possiamo conoscere del tutto e che sono condivise da ampie porzioni di potere. Il presidente in carica è quello che ci mette la faccia, ma certo non la testa. È lo specchietto per le allodole della politica populista e da bar. In ogni caso, quali che siano le motivazioni, certamente siglano la permanenza di un tradimento che si rinnova nella storia, costantemente. Non diverso da quello che permetteva all’Europa di non vedere i treni infami della deportazione degli ebrei che lei stessa aveva partorito e nutrito. Così il mondo ora vezzeggia nei fatti i taleban, promossi addirittura a controparte affidabile di trattative. Dialoga con quei jihadisti che dice di combattere e che invece ha generato.
L’Occidente come è costituito oggi, in apparenza portatore di grandi valori, ha raffinato unicamente la capacità di dissimulare l’unico intento che reca nel suo grembo intessuto di indifferenza distribuita a piene mani: il proprio interesse economico, da ammantare con stendardi di solidarietà solo di facciata. Una solidarietà pronta a dissolversi istantaneamente, persino di fronte al dolore di un popolo intero, delle persone comuni.
Questo Occidente è capace di appropriarsi di immagine cult perché, come si dice, visually satisfying. Visivamente soddisfacenti come la celebre ragazza afghana del grande Steve Mc-Curry e i suoi occhi verdi, di fronte a cui si commuove solo perché, come un vecchio cicisbeo delle corti degenerate francesi del Settecento, celebra la propria consumata abilità nel maquillage di una carcassa in decomposizione, priva di ogni spinta vitale verso l’altro. Mentre questo Occidente si dimena nella sua isteria improduttiva nel dibattito sul 'se le immagini degli elicotteri sono come quelle di Saigon o meno', la polvere bollente e infeconda di un deserto che ha piegato finora tutti gli eserciti, si prepara a nutrirsi di fiumi di sangue e di lacrime, quel sangue e quelle lacrime che non vogliamo vedere, quel sangue e quelle lacrime che prima o poi reclameranno riscatto.