Editoriale. Quello che serve è fuori manovra
Cosa cambia per i cittadini e le famiglie con la nuova legge finanziaria in via di approvazione entro fine anno? Iniziamo citando una bella frase di una vecchia canzone: «È il fiume che trasforma il legno mentre lo trasporta via», recitano Mimmo Locasciulli ed Enrico Ruggeri. Il legno è la finanziaria e il fiume è il suo interminabile iter che passa dalla Nadef per l’approvazione della bozza in Consiglio dei ministri, il dibattito con le parti sociali e l’opinione pubblica, i passaggi in commissione, gli emendamenti proposti da maggioranza e opposizione, fino alla foce del fiume rappresentata dalla scadenza di fine anno quando in genere il maxi-emendamento raccoglie le proposte di emendamenti che il governo approva. Quello che diremo del “legno” dunque potrebbe ancora essere modellato e modificato man mano che ci avviciniamo al punto di arrivo. In realtà il margine di manovra, almeno a livello quantitativo, è molto limitato, per via delle nuove politiche di rientro dal debito concordate in sede europea. All’interno di questi vincoli (che impongono di stabilire priorità e accettare dolorose rinunce) i temi principali d’interesse per le famiglie sono la sanità, il fisco e i redditi, le pensioni, le politiche per la natalità e la demografia.
Sulle pensioni ci si muove pochissimo con un adeguamento previsto di 3 euro al mese (che non consente di tenere il passo dell’inflazione) per le minime che oggi sono attorno ai 615 euro. Da questa soglia possiamo capire perché la Caritas ci dice che la povertà è aumentata più al Nord che al Sud.
a minima è infatti sotto la soglia di povertà (il costo del paniere dei beni essenziali) per chi vive al Nord, sopra per chi vive nei medi e piccoli centri del Mezzogiorno. Per la sanità gli stanziamenti sono importanti ma i problemi strutturali lo sono ancor più. Nel sistema attuale i medici di base fanno prescrizioni e rimandano alle visite a pagamento dagli specialisti. Per chi ha meno risorse ci sono lunghissime file d’attesa in ospedale e questo spiega l’affollamento dei pronto soccorso dove in molti vanno in codice bianco per ovviare alla mancanza di opportunità di visite a basso costo. Con la crescita della spesa in sanità programmata in finanziaria nei prossimi tre anni (che c’è senz’altro ma non appare sufficiente) si fatica a non far scendere il rapporto tra spesa sanitaria e Pil. Le grandi questioni su cui lavorare nei prossimi anni restano il rilancio della sanità territoriale, come superare la carenza di medici e infermieri e come affrontare economicamente il problema della non autosufficienza.
L’attenzione alla natalità e alla questione demografica è evidenziata da alcuni rinforzi all’assegno unico per il figlio che viene escluso dal calcolo Isee. Una carta dei nuovi nati di 1.000 euro per Isee sotto i 40mila euro, bonus asili nido che possono arrivare a 3.600 euro annui e un bonus mamme per chi ha due figli o più sempre per chi è sotto la soglia Isee dei 40mila.
Due capisaldi delle entrate che finanziano tutti questi provvedimenti sono il contributo delle banche (che sarebbero chiamate a rinunciare il prossimo anno allo sconto fiscale sui crediti deteriorati) e i tagli lineari della spesa dei ministeri.
Lo scorso anno il fiume il legno l’aveva cambiato – e molto – sulla prima di queste partite perché il contributo delle banche (proposto già nella finanziaria dello scorso anno) si era trasformato in accantonamento di fondi a riserva dopo i passaggi in commissione parlamentare, e non era dunque servito a ridurre il deficit. Da vedere come andrà a finire stavolta. I tagli lineari della spesa dei ministeri presentano invece il limite di una mancanza di discriminazione tra i diversi tipi di spesa (se eccettuiamo il fatto che il Ministero della Salute non sarà coinvolto).
Per sintetizzare e riassumere, l’attenzione all’equilibrio dei conti pubblici della finanziaria per come la conosciamo oggi è lodevole, garantisce la calma dello spread sui mercati ma limita a quanto descritto lo spazio di manovra non consentendo voli pindarici. Ci sono però altri fronti su cui è possibile rilanciare la partita. Quello dei fondi del Pnrr che dovrebbero puntare alle riforme e al potenziamento delle infrastrutture, e il rilancio degli investimenti e del debito comune europeo come auspicato dal rapporto Draghi. È fuori dalla legge finanziaria che si giocano alcune delle partite più importanti per il nostro futuro.