Il direttore risponde. L'idea di «scartare» i disabili toglie il fiato come il Covid-19
Gentile direttore,
non ho mai scritto a un giornale, ma sono così arrabbiata, delusa, amareggiata che, finite tutte le mie lacrime, ho preso carta e penna in mano. Ho letto l’articolo «“Niente respiratori per i disabili” Più di 10 Stati scelgono chi salvare» di Elena Molinari (“Avvenire” del 25 marzo). In America c’è chi pensa di “fare una selezione” tra le persone che riceveranno cure per il coronavirus. Io sono moglie e anche madre di due bellissime persone speciali, e leggere, che per la società non sono nulla: beh, mi ha veramente fatto male. Un colpo al cuore, un dolore da togliere il fiato e bloccare il respiro. Qui in Italia abbiamo medici speciali, che da settimane si prendono cura di tutti, facendo così onore al giuramento di Ippocrate, abbiamo infermieri e operatori sanitari tutti schierati per combattere questa pandemia. Fortunatamente noi siamo in Italia, ma una notizia così mi fa paura e mi getta nello sconforto. Non ho altre parole, le lacrime continuano a scendermi bagnando le pagine.
Danila
È giusto, cara signora Danila, che lei faccia sentire dolore, delusione e amarezza. È giusto che lei si arrabbi. È giusto che non freni il pianto. Ma non si abbatta. Non è sola. Centinaia di migliaia di persone hanno condiviso e commentato la notizia che, da questa parte dell’oceano, grazie all’attenta e sensibile collega Elena Molinari, abbiamo dato per primi e approfondito giorno dopo giorno, amplificando per la nostra parte la voce, la preoccupazione e la protesta delle associazioni statunitensi di disabili, ma anche di personalità politiche americane. E smascherando visioni falsamente umanitarie e fariseismi falsamente pro-life. Ha ragione: l’idea che in troppi Stati degli Usa ci si prepari a negare la respirazione assistita ai disabili che verranno colpiti da Covid-19, mescolata a cinici slogan che suonano come un brutale “prima l’economia” (e poi le persone, soprattutto le più fragili) è notizia che toglie il fiato. Si mozza il respiro, proprio come il letale coronavirus che stiamo affrontando. Per questo è necessario aprire gli occhi e non farsi chiudere la bocca, ma è altrettanto importante aver chiaro – nonostante quel che si dice e si propaganda – che tanti, tantissimi in Italia e nel mondo sentono, ragionano e reagiscono come lei e come noi: per nulla rassegnati a società e sistemi normativi nei quali si concepisce l’idea (e si premedita e applica la pratica) di scartare e lasciare a se stessi coloro che vengono etichettati come “imperfetti”. Questa corale resistenza è speranza vera, che non placa il dolore, ma asciuga le lacrime.