Il direttore risponde. Quella «nuda violenza» che sfigura domande che invece meritano risposta
Gentile direttore,
sono uno studente universitario in Scienze politiche e scrivo a caldo, con ancora negli occhi quello che è successo venerdì primo maggio a Milano, riguardo le proteste violente dei “black block” durante la manifestazione no–Expo. Oltre la gravità dei fatti in sé, è preoccupante la frequenza con cui certe manifestazioni violente stiano avvenendo nel nostro Paese. Vorrei riflettere sulle motivazioni dell’accaduto, che sembrano assenti ad ascoltare i protagonisti e mentre si consumano le solite dichiarazioni dei politici sui media italiani e stranieri, condite di moralismo e di retorica. A me sembra inevitabile tornare alle cause. I black bloc stanno sfruttando qualsiasi occasione per manifestare “dissenso” con la violenza pur senza essere gruppi stabilmente organizzati, almeno con finalità e ideologie comuni. A mio parere, la voce di quel ragazzo della provincia lombarda, intervistato venerdì sera dal TgCom24 per le reti Mediaset, crede che questo sia “giusto” non è altro che la dimostrazione di quale direzione possa prendere il “grido” sempre meno isolato di chi soffre la disoccupazione e l’abbandono. Non è una giustificazione la mia, direttore, ma solo comprensione dello stato d’animo di chi non rimane chiuso in casa, magari davanti ai videogiochi, e non potendo studiare né lavorare sceglie di “sfogarsi” così. Comprendo il lamento di chi vive un disagio sociale trovando compensazione solo nella violenza e scatenandosi contro i simboli del capitalismo e dello sfruttamento. La politica, le banche, i palazzi del potere, i grandi eventi che prima di essere un’occasione sono un immenso costo. I nuovi dati Istat riportano una disoccupazione al 13, troppe energie inoperose trovano spazio d’azione in aggressive rivolte sociali. Non è solo questione di “Expo al via” o “Expo via”, il malessere sociale che porta la costante presenza dei “black blocs” nei grandi eventi europei mi pare debba diventare tema di dibattito serio, alla ricerca di una soluzione davvero concreta. Resta il fatto che Expo2015 è iniziata e a me sembra destinata a essere una lunga maratona, in salita e sull’asfalto inerte. L’Italia è arrivata alla “finale”, ma la gara è appena iniziata e ci sono sei mesi per giocarla e per convincere.