Quella Croce che è segno e conforto e versi d'amore che dicono pure di Dio
Caro direttore,
l’incendio della Cattedrale di Notre-Dame per l’impatto emotivo che ha suscita in me, mi ha riportato all’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 a New York. Ben diversi gli avvenimenti, per fortuna, ma c’è un elemento che li accomuna, mi commuove e mi fa pensare una volta di più al fatto che in certi momenti appare, come indice di speranza, proprio la Croce. A New York a un certo punto, davanti ai vigili del fuoco in mezzo alla polvere e ai detriti si stagliò una croce enorme, costituita da due travi della struttura del World Trade Center. Sotto quel segno si riunirono a pregare o comunque in raccoglimento moltissime persone, anche delle più diverse religioni. Lo stesso è successo in questi giorni quando la Croce della basilica parigina: salvatasi dall’incendio, sta risaltando dappertutto. Allora, direttore, ero responsabile del club Unesco di Siena e, forte dell’avallo di diverse persone prestigiose, chiesi al Sindaco di New York e a chi di dovere, di considerare il fatto di inserire nella ricostruzione delle Torri Gemelle, anche un qualcosa che riportasse la vicenda. La risposta gentile ci fu, ma andò in altro modo. Considerata la situazione disperata di tante creature che per salvarsi da guerre e calamità varie, anche in questi tempi stanno vivendo tragedie che sembrano senza fine, la sola cosa che mi sento di fare è cercare di condividere con voi l’impressione che queste croci, questi simboli, non si siano manifestati per caso e più che con parole mie mi scuso se riporto male il brano di una splendida poesia di un poeta francese di cui non ricordo il nome: «A chi perde tutto Dio resta ancora, Dio là in alto, la speranza qui in basso».
Giovanna Muschietti
Grazie, cara amica, per questo legame dolente eppure luminoso che nella Croce che si fa Segno, e segno eloquente per tutti, lei ha saputo creare tra Parigi e New York, tra fatti diversi eppure tragicamente incisi per sempre nella nostra memoria. A essi io aggiungo, e so che lei sarà d’accordo, quelli altrettanto drammatici provocati dalle stragi jihadiste in Sri Laka, "abitati" anch’essi dalla Croce insidiata, ma non abbattuta, ancora segnata da sangue e morte, ma non svuotata del suo ormai perenne significato di salvezza. Tutti questi fatti ci indicano, in modo differente ma egualmente intenso, il "gran lavoro" che a ognuno di noi tocca per custodire e preservare i beni che ci circondano – quelli che abbiamo ricevuto in dono e quelli che, generazione dopo generazione, abbiamo realizzato – e, con essi, il bene sommo della pace, che viene da Dio ma è responsabilità degli esseri umani. C’è però una sottolineatura a proposito della Croce di Groud Zero che faccio con piacere: quella Croce – e la vicenda che essa richiama col suo commovente esserci stata ed esserci ancora – non è stata rimossa o "cancellata" perché è al "National September 11 Memorial & Museum". La causa intentata nel 2011 da un’associazione di atei è infatti finita, tre anni dopo, con la sconfitta dei ricorrenti.
Mi consento una piccola coda sui versi che lei cita a memoria a conclusione della sua bella lettera. Sono di Alfred de Musset e sono tratti da "La notte d’agosto": «À qui perd tout, Dieu reste encore, Dieu là-haut, l’espoir ici-bas». A chi perde tutto, Dio rimane ancora, Dio lassù, la speranza quaggiù. Sono parte di un appassionato eppure delicato poemetto d’amore, non di una poesia religiosa. Ma noi sappiamo che lo sguardo di Dio ci accompagna, qui e ora, in tutta la nostra esperienza, dentro ogni attesa, ogni gioia, ogni sofferenza e ogni speranza. Mi piace immensamente la chiusa di quel testo: «Il faut aimer sans cesse, après avoir aimé». Bisogna amare senza sosta, dopo aver amato. È splendidamente umano, e profondamente cristiano.
Le foto dall'alto in basso: il crocifisso di Notre-Dame risparmiato dalle fiamme. La croce ritrovata a Ground Zero in seguito agli attacchi alle Torri Gemelle del 2001. E il dolore in un cimitero dello Sri Lanka dopo le stragi di Pasqua