Ancora su un nuovo patto fiscale. Quel rigore che premia
La meta è tecnicamente raggiungibile – secondo una ricetta che abbiamo articolato in questa stessa pagina – combinando una riduzione progressiva della soglia del contante e uno spostamento di parte dell’Iva su una tassa sui prelievi al Bancomat. Utilizzando poi la parte di Iva residua in modo selettivo per premiare le filiere socialmente e ambientalmente responsabili e penalizzando in questo modo chi delocalizza con il solo obiettivo di aggirare le regole della sostenibilità ambientale. Con il contante quasi 'fuori gioco' queste misure renderebbero possibile tassare il sommerso, l’illegale e dare scacco all’evasione. La teoria americana dell’ expressive law ci ricorda che non esiste decisione politica e norma legale che possano avere successo se non in armonia con le norme morali e sociali di una collettività. È sulle norme morali e sociali dunque che dobbiamo lavorare in parallelo per raggiungere il traguardo. Lanciando una campagna che unisca società civile e forze politiche e crei il necessario consenso attorno a questo obiettivo.
Data la situazione di emergenza che ancora viviamo possiamo e dobbiamo essere ambiziosi. Se l’opinione pubblica si mobilita, l’Italia da uno dei Paesi nelle retrovie della classifica della legalità fiscale può trasformarsi in un Paese leader del cambiamento. E le ragioni per una mobilitazione che 'scaldi i cuori' ci sono tutte. Nel nuovo Patto Fiscale con gli italiani sono in gioco l’ideale dell’equità e quello dell’«altruismo intertemporale», più la saggezza e la prudenza nel liberare gli italiani da una pressione fiscale eccessiva.
L’«altruismo intertemporale », con l’equità, è un ideale che non solo risponde a criteri elementari di saggezza, ma ha radici bibliche. Giuseppe interpreta il sogno del Faraone delle sette vacche magre e delle sette vacche grasse 'predicendo' i sette anni di abbondanza e i sette di carestia e definendo la strategia opportuna di risparmio e accantonamento di parte del raccolto di grano dei primi sette anni per fronteggiare la carestia dei sette anni successivi. Un ostacolo chiave sino ad oggi nella politica di contenimento del debito è stata l’insanabile contraddizione tra il rigore politicamente improduttivo e la demagogia elettorale di forze politiche che puntano al consenso costi, appunto, quel che costi.
Un merito dell’idea che abbiamo abbozzata di Patto Fiscale è di poter riuscire superare tale contraddizione. È infatti un’idea orientata al rigore, ma è allo stesso tempo politicamente praticabile perché la sua realizzazione avvantaggerebbe tutti i cittadini che le tasse le pagano. Cioè i soggetti che meritano di essere 'premiati'. Ci sono molti dettagli su cui le forze politiche e la società civile possono e devono discutere per rendere davvero concreta una simile proposta.
Per far sì che il Patto Fiscale sia veramente progressivo, bisogna tener conto degli incapienti, attraverso il meccanismo della negative income tax, bisogna domandarsi se e come le disposizioni concrete sono in grado di contrastare l’evasione che avviene attraverso il trasferimento di risorse all’estero e, infine, bisogna evitare che i guadagni del sistema bancario – che sicuramente beneficerebbe dal passaggio alle transazioni elettroniche – non siano destinati a diventare eccessivi. Al di là dei dettagli da definire, ciò che conta è che sarebbe essenziale costruire un consenso – magari multipartisan, come è emerso in autorevoli dichiarazioni e valutazioni già raccolte da questo giornale – delle principali forze politiche attorno a tale obiettivo. Il solo raggiungimento di questo risultato preliminare potrebbe avere effetti benefici anticipati sulle dinamiche dei mercati finanziari favorendone la sua stessa realizzazione futura.