L'ingiusta penalizzazione degli invalidi totali. Quel quoziente familiare applicato al contrario
L’Inps ha motivato il cambiamento rifacendosi a una sentenza della Cassazione del febbraio 2011. Le associazioni dei disabili e i sindacati hanno già protestato, mettendo giustamente in rilievo, tra l’altro, la discriminazione tra una forma e l’altra di invalidità, visto che la pensione per i ciechi assoluti e i sordi viene ancora subordinata al solo reddito personale. Ma quel che rende davvero insopportabile, oltre che ingiusto, il provvedimento è la scelta di applicare una sorta di quoziente familiare negativo, al contrario, ad alcuni tra i soggetti sociali più deboli. Ai fini fiscali, infatti, il reddito familiare non viene mai considerato e lo Stato tassa il singolo contribuente non tenendo (quasi) in alcun conto se e quanto il coniuge guadagni o quanti figli debba mantenere. Se però si tratta di riconoscere alla persona in difficoltà un contributo si devono invece sommare i redditi e viene fissato un tetto piuttosto basso oltre il quale non esistono più diritti. Insomma, se lo Stato deve prendere guarda al singolo senza degnare d’uno sguardo la situazione familiare in cui si trova, se invece deve concedere qualcosa, allora allarga la visuale ai legami familiari ed essere coniugato diventa addirittura una penalizzazione.
Una doppia prospettiva che assomiglia molto a una doppia morale. Com’è lontana la Francia dove, più o meno negli stessi giorni, la supertassa del 75% veniva bocciata dalla Corte costituzionale prima di tutto perché – essendo un’imposta sui redditi personali – creava discriminazioni tra famiglie con pari entrate complessive, ma distribuite in maniera diversa fra i componenti. Perché il riferimento, Oltralpe, resta sempre il nucleo familiare nel suo complesso. Quella sì, égalité .