Il direttore risponde. Quei declassatori declassati
Caro direttore,
chi di declassazione colpisce, di declassazione perisce. Le agenzie di rating sono ormai "declassate" e ben gli sta (viene proprio spontaneo dirlo). I mercati finanziari, gli investitori sembrano relativizzare i loro giudizi. Le istituzioni politiche e bancarie contestano ormai apertamente le loro valutazioni. Ennesima controprova l’abbiamo avuta mercoledì 10 luglio: il collocamento dei Bot non avuto ripercussioni dal <+corsivo_bandiera>downgrading <+tondo_bandiera>dell’Italia da parte di Standard & Poor’s di poche ore prima, che ha invece avuto secche repliche da parte del ministro dell’Economia Saccomanni, dall’Abi e dal sistema politico in generale. Certamente in questa perdita di ruolo della agenzie pesa l’ombrello protettivo aperto dalla Bce diretta con fermezza da Mario Draghi e pronta a intervenire per disinnescare qualsiasi tentativo di forte speculazione volto a destabilizzare i mercati e quindi i Paesi dell’Unione europea in un contesto di grave crisi economica. Insomma, o le agenzie di rating recuperano la credibilità perduta o altrimenti si dovrà cercare di fare in altro modo. Come però? Da tempo si discute la possibilità di creare una agenzia europea (non con capitali privati per evitare di ricadere nei conflitti di interessi), ma senza arrivare a nessuna concreta azione. Il nodo va però affrontato e sciolto perché rimane comunque la necessità di soggetti terzi che diano giudizi di affidabilità. Certo occorre ammettere con onestà che la nostra confusione politica certamente non aiuta (e non aiuterebbe) nessuna agenzia a valutare il grado di affidabilità del nostro sistema Paese. Insomma si ripropone ancora il tema di fare bene i compiti in casa, e in questo caso anche in Europa.
Alberto Mattioli