Si può definire un vero caso cinematografico quello di
Quasi amici ("Intouchables"), il film diretto da Olivier Nakache e Éric Toledano. In sole nove settimane è diventato il secondo film di maggior successo francese di tutti i tempi per numero di spettatori, e in Italia al 9 maggio 2012 risulta aver incassato più di 14 milioni di euro. Il fenomeno è da guardare con particolare attenzione visto che il film racconta la storia di un tetraplegico grave, immobilizzato nel letto e sulla sedia a rotelle, il che di per sé costituisce un probabile deterrente per tutti coloro che frequentano le sale cinematografiche per rilassarsi e riprendere fiato dopo le fatiche di pesanti giornate di lavoro. Ma evidentemente non è proprio vero che il cinema costituisca nella maggior parte dei casi un consumo culturale di evasione, una forma di arte di "basso livello", una specie di brutta copia del teatro e della letteratura. In molti casi non è così, certo non in quello di
Quasi amici.Un primo punto a favore del film sta nel fatto che è ispirato ad una storia vera, quella di Philippe Pozzo di Borgo (autore di
Le Second Souffle), tetraplegico dal 1993, e al rapporto con Yasmin Abdel Sellou, suo aiuto domestico per caso. Philippe è molto ricco ma gravemente disabile, Yasmin è povero e ha avuto a che fare con la giustizia, ma conosce l’animo umano e le sue sofferenze per avere alle spalle una storia drammatica di adozione dal Senegal alla Francia e di povertà e devianza negli ambienti della Parigi extra-comunitaria e diseredata. L’incontro dei due uomini, ambedue provati dalla vita per motivi diversi, fisici l’uno, sociali l’altro, diventa generatore di valori e di una rigenerazione individuale e collettiva sulla base della solidarietà, dell’amore per la vita, della bellezza (della natura come della musica).La pellicola ha indubbi meriti dal punto di vista artistico e cinematografico, primo fra tutti la bella colonna sonora curata da Lodovico Einaudi, tanto è vero che ha ricevuto nove candidature ai Premi César 2012, vincendo il premio per il miglior attore con Omar Sy. Ma da un punto di vista sociale risultano decisamente straordinari soprattutto il risultato di pubblico e gli effetti prodotti dal tam-tam mediatico e del passaparola interpersonale, che ne hanno decretato il riconoscimento di valore e l’adesione emozionale di strati molto ampi di spettatori. La storia, infatti, si presenta come l’emblema di quella metamorfosi antropologica e culturale necessaria per quella «ripresa sociale e culturale dell’Occidente» di cui si sente un gran bisogno. Al di là della politica spettacolizzata e dei tentacoli di una crisi economica e morale che sembrano oscurare ogni possibile spiraglio di luce, esiste evidentemente una società che crede nel riscatto e nella risurrezione spirituale da raggiungere attraverso il sacrificio, la fratellanza e il dialogo. Ha detto a questo proposito il protagonista, l’attore Omar Sy: «Personalmente noi non abbiamo avuto il tempo di farci troppe domande sul perché del successo del film, e le analisi sociologiche le lasciamo agli specialisti. Credo però che il film sia arrivato al momento giusto: in un Paese caratterizzato dalle fratture sociali, propone un messaggio di riconciliazione, offre una speranza. È un soggetto grave affrontato con leggerezza: una boccata d’ossigeno... forse è proprio quello che il pubblico cercava. Ma la politica non c’entra nulla. È una storia di fratellanza, umanità e libertà. Forse utopistica, anche se è successa davvero».In effetti, ogni soggetto, individuale o istituzionale che sia, agisce sulla base di un sistema di valori, spesso inconscio. E non è detto che la rappresentazione dell’esistenza umana veicolata dalla politica e dai mezzi di comunicazione di massa più diffusi riesca a cogliere fedelmente il sistema di valori sottostante ai fenomeni di superficie. Se ciò accadesse, e se tale sistema venisse esplicitato, emergerebbe probabilmente spesso che i valori di riferimento sono diversi da quelli rappresentati, e in taluni casi da quelli dichiarati. È come se nella società e nella coscienza, individuale e collettiva, esistesse un fiume carsico di valori, cui bisognerebbe guardare con attenzione per riflettere sugli obiettivi dello sviluppo, per capire dove va il ciclo sociale, e per operare nel senso dell’incremento del benessere collettivo.