Anniversario. 40 anni fa Band Aid, la musica che provò a combattere la fame nel mondo
Quarant’anni. Sono passati quarant’anni. Ti guardi attorno e pensi a quanti di quelli che vedi attorno a te, allora non erano ancora nati. Non solo ai bambini e ai ragazzi di oggi, ma anche ai giovani adulti che di questa storia probabilmente non sanno nulla. Eppure quarant’anni fa il mondo della musica, inteso come i musicisti di tutto il mondo, capì la forza della solid arietà. È vero che nell’agosto del 1971, quindi parecchi anni prima, l’ex Beatles, George Harrison, era riuscito a organizzare un grande concerto a New York per raccogliere fondi per il Bangladesh, stremato in quel periodo dalla fame. L’aveva fatto colpito dai racconti dell’amico e star della musica indiana Ravi Shankar. E in poche settimane era riuscito a portare sul palco – per quello che è universalmente considerato il primo concerto rock benefico – star come Eric Clapton e Bob Dylan. Harrison però non aveva fatto i conti con l’ottusità dei discografici e con quella del fisco americano e inglese e così molti dei soldi promessi si persero per strada. Una brutta storia che per anni bloccò qualunque iniziativa simile, anche perché nel frattempo il rock stava diventando sempre più spesso un veicolo di lotta e la musica pop la colonna sonora del divertimento. Si cantava contro, per protestare. E si cantava per dimenticare e divertirsi. Poi arrivarono gli anni 80 e la parola impegno (non solo nel mondo della musica) iniziò a non essere più così popolare.
Band Aid in studio nel 1984 - .
Fino all’autunno del 1984, quando Bob Geldof, il leader di una band irlandese di media fama chiamata Boomtown Rats, non rimase sconvolto davanti a un servizio televisivo della Bbc che raccontava dell’enorme carestia che stava colpendo l’Etiopia. Cosa poteva fare un piccolo musicista come lui davanti a una tragedia così grande? Geldof si attaccò al telefono e cominciò a chiamare tutti gli amici artisti. Il primo a schierarsi al suo fianco fu Midge Ure degli Ultravox. Nessuno avrebbe scommesso un soldo su loro due. Erano troppo poco famosi per riuscire a combinare qualcosa di grande.
Eppure, nel giro di poche settimane, Geldof e Ure riuscirono a convincere alcuni dei più grandi artisti inglesi e irlandesi a incidere insieme una canzone di Natale che avevano scritto per l’occasione, intitolata Do They Know It’s Christmas? (Sanno che è Natale?). Già, come si poteva pensare al proprio Natale se milioni di persone vivevano una condizione così disperata da non riuscire nemmeno a sapere che fosse Natale? Il nome fu scelto subito: Band Aid, gioco tra le parole band e aiuto e che richiamava volutamente una marca di cerotti. Loro volevano essere quello: un piccolo cerotto su una delle ferite del mondo. Il 25 novembre 1984, artisti come Phil Collins, David Bowie, Sting, Paul Young, Boy George, gli irlandesi U2, gli Spandau Ballet e i Duran Duran (cioè i due gruppi pop inglesi allora più in voga) incisero quel piccolo cerotto musicale. Che poi così piccolo non era, visto che nel giro di poche settimane arrivò ai primi posti delle classifiche e che scatenò una gara di solidarietà tra gli artisti del mondo.
In America nacque il progetto Usa for Africa, un supergruppo di 45 artisti, guidato da Harry Belafonte, Quincy Jones, Michael Jackson e Lionel Richie e che vide in prima fila Bob Dylan e Bruce Springsteen. La loro We are the world vendette 20 milioni di copie in poche settimane. La musica aveva (ri)scoperto di avere un cuore e la forza di unire le persone per qualcosa di più grande di uno slogan o di un momento di festa. E così, Bob Geldof e Midge Ure, che ormai non erano più degli artisti medi ma dei fari nel mondo musicale, il 13 luglio 1985 organizzarono al Wembley Stadium di Londra e al John Fitzgerald Kennedy Stadium di Philadelphia il più grande concerto benefico della storia: Live Aid. Fu trasmesso in diretta in decine di Paesi e raggiunse oltre 1 miliardo di spettatori.
Su quei palchi salirono tutti i più importanti artisti del momento. E da allora niente fu più come prima. O almeno così ci sembrò per anni. Oggi che le carestie e le guerre sono tutt’altro che finite, mentre ascoltiamo la nuova versione di Do They Know It’s Christmas (quella appena pubblicata per il quarantennale) ci chiediamo se, magari in Italia, ci sia ancora un giovane Bob Geldof che sappia indignarsi e decida di chiamare a raccolta gli artisti per fare qualcosa di grande. Natale ormai è troppo vicino per riuscirci in tempo. Ma il vero valore del Natale continua tutto l’anno. Basta solo crederci. Come Bob e Midge, quarant’anni fa.