Opinioni

Cementificazione. Quando Calvino denunciò l’abusivismo

Raffaele Vacca martedì 8 luglio 2014
​L’’allarme del mondo scientifico sulla continua cementazione del suolo dell’Italia riporta ad un tema sul quale, sotto l’aspetto sociale, non ci si sofferma per nulla è l’abusivismo edilizio, il quale, dopo che è stato compiuto, viene preso in considerazione per quello che economicamente può dare, mentre alimenta vertenze tra Stato e cittadini. Nella seconda parte del Novecento e nei primi anni del Duemila, in Italia, una consistente parte del reddito di abitanti di città e di paesi, specialmente turistici, è venuto dal costruire senza autorizzazioni o in difformità a quelle concesse. Questo è stato psicologicamente sostenuto dalla opinione che ogni uomo abbia potere assoluto sui suoli che possiede, e può farne quel che vuole, anche se piani regolatori o paesaggistici abbiano stabilito che debbono restare come sono. In tal modo suoli che quei piani avevano lasciato all’agricoltura o comunque destinati al verde sono stati disintegrati, quando in essi il verde non è completamente scomparso.Appar strano, se non paradossale, che l’abusivismo edilizio, una delle caratteristiche fondamentali della storia italiana dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi, ed uno dei principali argomenti della cronaca attuale, sia stato spesso ignorato dalla letteratura italiana, dalla poesia e dalla narrativa. L’opera più alta che verrebbe alla mente è il breve romanzo di Italo Calvino, pubblicato in volume nel 1962 ed intitolato La speculazione edilizia.Per altro il termine speculazione è diverso dal termine abusivismo. Questo, coniato nel 1971, indica quel che viene fatto senza averne diritto o senza autorizzazione. Speculazione invece, vocabolo del tardo Settecento, indica sia l’acquisto di un titolo allo scopo di trar vantaggio dalla variazione di valore dello stesso, mediante un’operazione opposta in tempo favorevole, sia attività o azione tendente a conseguire un vantaggio personale, sfruttando senza scrupoli una situazione sfavorevole ad altri.In opere di saggistica non si è mancato di soffermarsi sui danni arrecati al territorio paesaggistico italiano dall’abusivismo e dalla speculazione. Quasi mai ci si è soffermati su quello che l’abusivismo, che raramente è opera di una sola persona, richiede per essere attuato: connivenze di proprietari, architetti, ingegneri, geometri, lavoratori edili, fornitori di materiali, operai e tecnici di vari settori, ed il silenzio di chi vede e nulla dice o per convenienza o per evitare ritorsioni. Alimenta così ipocrisie, falsità, inganni, indifferenze, corruzioni che hanno portato e portano ad una costante disgregazione del tessuto sociale italiano, alimentando quel gretto individualismo che sembra dominarlo sempre più.C’è stato un lungo periodo durante il quale l’abusivismo è stato giustificato con il diritto e la necessità che chi non avesse casa potesse costruirsela su un suolo di sua proprietà, anche se a questo era stato tolto il diritto di edificazione. Ora sappiamo che, quasi sempre, questo è stato un pretesto, il quale ha addirittura evitato che coloro che non avevano casa potessero legittimamente ottenerla, nell’ambito di una chiara, precisa, limpida politica.In considerazione di tutto ciò appare evidente che, in Italia, non ci potrà essere nessun miglioramento del vivere se continuerà ad esistere la cultura dell’abusivismo, che sconvolge menti ed animi e quel che resta d’uno dei territori più belli ed ammirati del mondo.