Il direttore risponde. «Quale Liceo scientifico esce dalla riforma?»
Maria Laura Urbino (Pu)
Do volentieri risalto alla sua lettera, gentile professoressa, perché i rilievi critici che lei formula nei confronti della riforma della scuola superiore sono ben meditati e, certo, non derivano da pregiudizio ideologico. Tutti i problemi da lei segnalati costituiscono, dunque, elementi seri di preoccupazione riguardo l’esito della riforma ministeriale applicata al Liceo Scientifico. Difficile non trarne l’impressione che rispetto agli intenti dichiarati di razionalizzazione e di adeguamento dell’offerta formativa, sia alla fine prevalsa la volontà di contenimento della spesa. Con lei mi auguro che non manchino approfondimenti e preoccupazioni in grado di rassicurare sugli obiettivi di qualità della riforma. Spiacerebbe davvero che un’iniziativa importante e attesa, come quella perseguita e pubblicizzata dal ministro Gelmini, fosse alla fine percepita come un’operazione dove a dettare legge sono state solo le – pur legittime – esigenze di cassa. Sia chiaro: da osservatori consapevoli della realtà italiana mai abbiamo contestato il rilievo da riconoscere alle compatibilità economiche e quindi alla necessità che i soldi dei contribuenti siano spesi al meglio, eliminando sprechi e adottando tutte le misure atte a ottenere il massimo di efficienza, ma i «tagli» non possono essere criterio applicato a prescindere da una obiettiva valutazione delle ricadute sulla qualità dell’offerta didattica e formativa. Raggiungere l’equilibrio tra l’insieme di queste esigenze non è certo facile, ma la politica dell’istruzione pubblica non può accontentarsi di perseguire risultati mediocri. Il tempo che viviamo, la grande sfida educativa che c’interpella tutti e le sfide aggiuntive poste dal fenomeno migratorio, chiedono risposte alte e serie, capaci cioè di preparare i giovani al futuro, preservando e condividendo quel tesoro che è la nostra cultura nazionale.