Il direttore risponde. Prostitute ragazzine, colpevole chi "compra". E non vuol vedere
Gentile direttore,
vorrei portare l’attenzione dei lettori sul modo, a mio parere fuorviante, con cui la stampa ha titolato e raccontato, in questi giorni, lo scandalo dello sfruttamento di ragazzine da parte di uomini adulti e clienti pedofili. Quasi tutti i quotidiani hanno qualificato la vicenda come «lo scandalo delle baby-squillo»: l’accento dunque era sulle minori, quasi sempre definite come prostitute, benché fossero le uniche vittime della situazione, mentre i veri colpevoli, ossia gli sfruttatori e i clienti, restavano prevalentemente in ombra, come quasi sempre succede nella cronaca di questi fatti. Questi titoli hanno legittimato, in qualche modo, i messaggi inqualificabili diffusi da alcuni deputati di questi giorni. La legge penale, viceversa, individua senza alcun dubbio i colpevoli in chi sfrutta il corpo dei minori e dunque il bene giuridico da proteggere è riconosciuto, appunto, nella violazione dell’intimità sessuale del minore visto come vittima anziché come colpevole. Questo spiega perché nessuna giustificazione può rivestire il fatto, peraltro pretestuoso, addotto da uno dei clienti coinvolti, di non essersi avveduto della minore età delle vittime. Come madre di una ragazzina pressoché della stessa età, posso affermare senza ombra di dubbio che, anche se truccata e vestita da donna, nessuna ragazzina di quattordici anni può ingenerare il dubbio di essere un’adulta, perché i suoi pensieri, i suoi desideri e il suo senso di realtà e maturità sono sempre quelli di un’adolescente. Altro dunque che paideia depravata, come qualche autorevole opinionista ha scritto; a essere depravati sono unicamente gli sfruttatori e i clienti che hanno violato in modo inqualificabile e irrimediabile l’intimità sessuale di ragazzine adolescenti.
Monica Cocconi - Docente di diritto amministrativo Università di Parma