Caro Direttore, ho letto di un commento del Direttore di Famiglia Cristiana don Sciortino, che condivido, relativo al sostanziale fallimento in Italia di una vera politica per la famiglia, abbandonata da ogni governo senza capirne il valore sociale e quanto invece l’aiutarla possa essere fattore di sviluppo per tutto il Paese. In molti altri Stati europei, a cominciare da Francia e Germania, se ne sono accorti da tempo, ed azioni efficaci in tal senso sono state portate avanti da amministrazioni pur di diverso colore. In Italia è l’anniversario della grande manifestazione ' Più famiglia' a Roma, Piazza San Giovanni, che per la prima volta cercava di proporre all’attenzione generale la necessità di dare coerente attuazione all’articolo 29 della nostra Costituzione, e la consapevolezza della dignità ed importanza del ruolo civile della famiglia. Un evento laico, di cittadinanza democratica, ispirato a giustizia e futuro, presentato secondo me dai settimanali e quotidiani « maggiori » in modo invece ideologico, tramite etichette di chiusura pregiudiziale, o per forzarlo nel gioco di potere politico, svuotandone così immediatamente di senso il contenuto. Da lettore occasionale, ho deciso di abbonarmi ad Avvenire proprio per il modo in cui solo questo giornale mi è sembrato cercasse di comunicare correttamente quanto avevo visto e di dare, prima e dopo, spazio a riflessioni importanti su questi temi. Un anno dopo, ho partecipato anch’io alla petizione « Per un fisco a misura di famiglia » : oltre un milione di firme, tutte convalidate con documenti di identità ( se si fosse trattato di una proposta di legge di iniziativa popolare, la soglia di ammissione sarebbe stata abbondantemente superata), portate all’attenzione del Presidente della Repubblica. Firme che però sono tuttora invisibili nell’agenda parlamentare, smarrite nella condiscendenza apparente o nell’ostilità manifesta dei rappresentanti politici tutti, all’insieme dei quali si faceva appello, e procrastinate una volta di più rispetto a innumerevoli altre priorità di discussione, sia per i partiti di maggioranza che per quelli di opposizione. E corrispondentemente, o forse anche a causa di ciò, ignorate da parte dei giornali e mezzi di comunicazione più diffusi, nel merito e nel senso del cambiamento sociale che cercavano di ispirare. Di nuovo, quindi, ho apprezzato l’inserto settimanale "è Famiglia" come forse unico punto di attenzione sulla realtà della famiglia in Italia, concreto nell’attenzione al presente e visionario nello sguardo al futuro, critico anche verso la nostra società come vissuta dalle famiglie stesse, ma fattore di formazione.
Andrea Frassinetti Prato
Lei, caro Frassinetti, individua un vizio ricorrente di tanti media italiani, per i quali la notizia c’è solo se è conforme alle proprie aspettative ideologiche; altrimenti si può tranquillamente nasconderla, come un po’ di polvere sotto il tappeto. È quanto clamorosamente avvenuto proprio col Family Day di due anni fa. Lei – e anche noi – la ricorda come un manifestazione grandiosa, per partecipare alla quale ciascuno ha pagato di tasca propria, che ha riempito piazza San Giovanni, tutta proiettata ad avanzare proposte « in positivo, con realismo ma anche con risolutezza. Voleva segnalare il problema sociale più allarmante del nostro Paese: la crisi della famiglia – quella « naturale fondata sul matrimonio » , citata nella Costituzione – con tutti gli aspetti connessi: denatalità, tutela dei più deboli, lavoro femminile, servizi sociali... E c’è stato chi ha avuto la sfrontatezza di dedicarle lo stesso spazio offerto alle poche decine di radicali & soci mimetizzati tra la folla dei turisti di Piazza Navona. Altri invece si sono limitati a dare evidenza alla fugace apparizione, nemmeno approdata al palco, di Silvio Berlusconi, allora leader dell’opposizione. Come non ricordare poi la battuta di qualche giorno fa del segretario Pd Franceschini, con quel suo: « E stendo un velo pietoso sul Family Day » ? C’è ancora chi si ostina a non capire che la manifestazione e il movimento che ha condotto a essa, se da una parte non tollerava strumentalizzazioni, dall’altra non era mosso da disegni obliqui, ma solo dalla volontà di far cogliere l’urgenza dei problemi convergenti sulla famiglia. A due anni di distanza da quel sabato gioioso, affollato e impegnato, poco è cambiato e l’orizzonte non è molto incoraggiante. Noi però insistiamo nel tener vivo l’argomento, dedicandogli spazio ampio nel giornale. Non c’è più « èfamiglia » , perché il dibattito ideologico si è un po’ acquietato, ma tutto ciò che coinvolge e interpella la realtà familiare – fiscalità, figli, scuola, assistenza, sanità... – continua e continuerà ad avere la massima evidenza nella nostra agenda e sulle nostre pagine. È una promessa che non mi costa, davvero, alcuna fatica rinnovare a lei e a tutti i lettori.