Nobel Economia. Claudia Goldin e il gender gap: la diversità al vertice genera valore
Il Nobel per l’Economia a Claudia Goldin apre nuove prospettive agli studi sul gender gap Il Premio Nobel per l’Economia alla statunitense Claudia Goldin è un riconoscimento al suo contributo fondamentale nell’analisi della partecipazione femminile al mercato del lavoro. Docente all’Università di Harvard, 77 anni, ha sviluppato la sua agenda di ricerca sulle cosiddette differenze di genere proprio con l’intento di dare risposte ad alcune domande sull’occupazione femminile. Goldin ha saputo fornire una dettagliata fotografia delle differenze di genere nel tasso di occupazione, illustrandone l’andamento nel corso del tempo. In particolare, basandosi su un campione di dati che copre un arco temporale di oltre 200 anni negli Stati Uniti, ha smantellato l’ipotesi di un aumento costante della partecipazione delle donne al mercato del lavoro nel corso della storia, mostrando un andamento non lineare della stessa.
Descritta graficamente come una curva a “U”, l’occupazione femminile è diminuita durante la transizione da una società agricola a una industriale all'inizio del XIX secolo, per poi aumentare con l’espansione del settore dei servizi all’inizio del XX secolo. Secondo l’economista tale modello è il risultato di cambiamenti strutturali e di evoluzioni nelle norme sociali relative ai ruoli delle donne in ambito familiare e domestico.
Negli studi di Goldin accanto al tema relativo alla partecipazione, si trova anche quello delle retribuzioni femminili, specie con riguardo al perché i compensi delle donne siano mediamente inferiori a parità di mansione. Se storicamente le disparità di reddito erano spesso attribuite alle scelte educative e alle decisioni di carriera, Goldin ha rivelato che il divario attuale è principalmente influenzato dall’effetto della genitorialità. Insomma, Goldin ha puntato l’attenzione sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro, avendo il merito di aver avviato un filone di studi in questo ambito. Ne sono conseguiti numerosi lavori su questo fronte. Lo mostrano le analisi sui ruoli apicali rivestiti dalle donne e sull’impatto della leadership femminile nelle decisioni aziendali. Studi recenti evidenziano che la presenza di donne ai vertici delle imprese favorisce la sostenibilità e una maggiore attenzione al benessere e all’ecosistema ambientale e sociale. Inoltre, le aziende con un maggior numero di donne all’interno dei consigli di amministrazione tendono a investire di più in innovazione.
L’idea di fondo è che la diversità può generare valore, da non intendersi esclusivamente in termini di risultati economici. Un nuovo corpo di letteratura scientifica rileva che una maggiore diversità di genere implica numerosi benefici effetti, tra cui una minore evasione fiscale, una riduzione delle frodi, minori violazioni ambientali e sanzioni meno frequenti e meno gravi. Altre ricerche indicano che la diversità di genere può migliorare l’efficacia della governance aziendale e quindi aumentare la capacità di ridurre il rischio di comportamenti non conformi. Il meccanismo attraverso il quale la diversità di genere influisce sull’efficacia del consiglio di amministrazione nel prevenire la cattiva condotta deriva dall'eticità e dall’avversione al rischio delle donne. Rimane ancora da approfondire il contributo della distintiva modalità di leadership femminile. Un percorso interessante da esplorare in ulteriori studi è quello che definirei “leadership della cura”. In altre parole, le donne nelle organizzazioni esercitano il loro potere - o meglio assumono le loro responsabilità - sotto forma di servizio alle persone, con un metodo che antepone l’ascolto all’azione avendo come fine la cura dell’altro. Una prospettiva questa da coltivare nelle università inserendola in programmi di ricerca.
Preside Facoltà di Scienze bancarie finanziarie e assicurative, Università Cattolica del Sacro Cuore