Prima la salute? No, prima le persone. Tutte, oppure niente e nessuno si salva
Gentile direttore,
desidero richiamare la sua attenzione su un detto, piuttosto diffuso di questi tempi: “La salute viene prima di tutto”. Ho sempre ascoltato con una certa irritazione questa frase. Soprattutto oggi che, nell’epoca della pandemia, è diventato un po’ il mantra delle nostre giornate, quasi una formula di rito, una giaculatoria ripetuta distrattamente nelle nostre conversazioni. Mi domando: siamo certi di condividere il significato, la scala di valori e le scelte politiche che questa frase sottende? Innanzitutto, dovremmo capirci su cosa intendiamo oggi parlando di “salute”. La salute ovviamente non è solo l’assenza del Covid-19, ma non è neanche solo l’assenza di ogni altra patologia organica. Come insegna l’Oms, salute è uno stato di benessere fisico, biologico, ma anche psicologico e relazionale-sociale. Dovremmo tenerlo più a mente quando, in nome della prevenzione del rischio di contrarre il Covid-19, penalizziamo altri aspetti della nostra salute fisica, riducendo il movimento, rinviando gli accertamenti medici, o sospendendo del tutto i ricoveri e le cure per altre patologie; oppure quando giustifichiamo ogni colpo inferto ad altre dimensioni della nostra salute, come quella psicologica, o relazionale e sociale. E perché ripetiamo che “viene prima di tutto”? Forse perché, come uomini liberi, intendiamo giustamente mettere la salute prima dell’economia. Ma, attenzione: non lo si pensi perché la salute è necessaria per poter meglio svolgere le funzioni lavorative, o per ridurre i costi sociali e sanitari a carico della collettività, o come precondizione per far ripartire l’economia; sennò ricadremmo nell’errore da cui diciamo di voler fuggire, quello di dimenticare che il fine dev’essere sempre l’uomo e non l’economia. Ma allora, se in fondo vogliamo dire che l’uomo è più importante, perché dobbiamo proprio far intendere che “la vita in salute” è l’unica priorità? Forse che se sei malato o non sei in età produttiva la tua vita vale di meno? Utilmente san Paolo ci ricorda le tre cose che sono davvero importanti per l’uomo: «La fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità». La salute non viene neanche menzionata, neppure come quarta. Non direi, quindi, che “la salute viene prima di tutto”. Anzi, mi domando se possiamo collocare questo luogo comune tra i tanti cascami della “cultura dello scarto” contro la quale si impegna così strenuamente papa Francesco.
Prima le persone. Tutte. Ovunque vivano, qualunque pelle abbiano, qualsiasi cultura sentano propria, che siano ricche o povere, integrate o marginali. E questo per noi cristiani, significa riconoscere anche il primato di Dio e della sua Parola, «che si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi», salvando tutta intera la nostra umanità. Prima le persone, tutte. E questo per credenti e non credenti significa che la fraternità non è solo un modo di dire senza concretezza e senza conseguenze di giustizia e di pace, ma è un modo di vivere e di pensare che cambia la storia. È perciò illuminante, e niente affatto retorico, ripetere che la fraternità è uno dei pilastri su cui si è fondato il migliore pensiero politico dalla fine del Settecento a oggi, e su cui si sviluppa finalmente, grazie anche alle iniziative dei Papi da Giovanni XXIII a Francesco, un dialogo interreligioso senza precedenti. Fraternità “sorella piccola” della libertà e dell’uguaglianza, proprio come la speranza di Charles Peguy, «bambina da nulla» al cospetto della fede e della carità eppure «traversatrice di mondi», capace di procedere «portando le altre».
Prima le persone. Tutte. Vuol dire che abbiamo a disposizione un metro morale “caldo” per affrontare il male e la malattia che qui e ora, sono parte della nostra umana esperienza, ma non la esauriscono. Sì, prima le persone. Tutte. È un metro fraterno, caldo, persino rovente. E non possiamo aver paura di scottarci.