Opinioni

Ridurre di cento chili l'anno il pattume pro capite. Prevenire i rifiuti meglio che doverli trattare

Antonio Giorgi sabato 22 novembre 2008
Da oggi al 30 novembre i cittadini dell’Unione sono chiamati a riflettere su un problema assillante e oneroso da avviare a soluzione. Promossa dall’Associazione città e regioni per il riciclo e l’uso sostenibile delle risorse inizia la Settimana europea per la «prevenzione» dei rifiuti che ha l’obiettivo di ridurre di cento chilogrammi l’anno il quantitativo di pattume domestico che ogni cittadino europeo produce. Promuovere campagne di sensibilizzazione può significare tutto o nulla; sono iniziative spesso inflazionate alle quali il cittadino finisce per fare l’abitudine. Stavolta però un atteggiamento di distacco sarebbe controproducente e pericoloso fino a sconfinare sul terreno dell’autolesionismo. Vediamo perchè. Quel chilo e mezzo pro capite di quotidiana immondizia che esce dalle nostre case è indicatore di accresciuto benessere (vent’anni addietro eravamo sui 700 grammi a testa) ma è anche la spia di un dinamismo che in mancanza di una inversione di tendenza trasformerà gran parte del suolo della penisola in una sconfinata discarica a cielo aperto. L’Italia che sta faticosamente affrancandosi dallo scandalo di Napoli è al palo per quanto riguarda la messa in campo di risposte globali al problema rifiuti. E l’aver avviato a soluzione il problema campano non deve far dimenticare che altre Napoli possono replicarsi qua e là lungo lo Stivale: segnali preoccupanti arrivano da certe aree della Sicilia, dal Lazio e perfino dalla zona di Roma. Quello che a qualcuno faceva comodo rappresentare come un disastro locale imputabile al malgoverno della classe politica partenopea è la punta di un iceberg di una possibile emergenza nazionale se si considera che accanto ai rifiuti domestici vanno smaltiti quelli industriali, speciali e pericolosi, una massa di almeno 130 milioni di tonnellate. Puntualmente la cronaca registra l’individuazione di discariche abusive nelle quali finisce di tutto, complici la maleducazione e la superficialità dei controlli. Sarà così fino a quando non avremo inceneritori (diciamo termovalorizzatori, se può tranquillizzare le menti) in numero adeguato, fino a quando le anime candide che si espongono a mille strumentalizzazioni la smetteranno di scendere in piazza contro il progetto di una discarica, fino a quando il riciclaggio non diventerà pratica corrente e redditizia e la raccolta differenziata non sarà consuetudine della quotidianità. Questione di maturità civica, in fondo. Che poi l’arresto di chi getta in strada un materasso o un televisore agevoli l’affermazione di una sensibilità carente è da vedere, al di là dell’aspetto importante della deterrenza. Significativo è che il traguardo primario della Settimana europea sia individuabile sul terreno della prevenzione dei rifiuti anziché sulla eliminazione. Prevenire significa agire a monte, originare meno monnezza e intasare meno le pattumiere per non ingolfare a valle inceneritori, discariche, impianti di trattamento. Abbattere la produzione annua individuale di un quintale di materiali di scarto diventa più semplice di quanto sembri se si comincia dalla riduzione degli imballaggi delle merci che acquistiamo, ridondanti, sovradimensionati, pesanti e costosi. L’industria ha buon gioco ad imporli perché è il consumatore a pagarli, fino a che lo stesso consumatore non rifiuterà di farsene carico nel prezzo del prodotto scelto e nell’onere del loro smaltimento. In generale, una maggiore oculatezza e sobrietà negli acquisti (in questo la crisi economica aiuta) e il riuso di quanto che può essere nuovamente utilizzabile, a cominciare dai sacchetti della spesa, valgono di più della progettazione di faraonici impianti di trattamento. Che ci vogliono, come il caso Napoli insegna. Tuttavia prevenire è meglio che curare e costa meno. Ci viene solo chiesto, per cominciare, di essere più virtuosi nella misura di 27 grammi al giorno.