Opinioni

Amicizia e giustizia. Prestare ascolto, cioè custodire e salvare la Terra e l'umanità

Francesco Del Pizzo mercoledì 10 agosto 2022

Il messaggio di papa Francesco per la celebrazione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato del prossimo settembre ha per tema «Ascolta la voce del creato». Nel solco del principio «tutto è connesso», tracciato nell’enciclica sociale Laudato si’, il Papa offre diverse sollecitazioni e riflessioni puntualizzando, sin dall’inizio, come l’ascolto del creato corrisponda all’ascolto di ogni creatura vivente. Ascoltare è una possibile via di amore, di cura, di responsabilità che chiede, al di là delle retoriche di una totale infodemia, di dare all’altro la possibilità di parola, con i tempi che gli sono necessari a rivelare la sua essenza senza ostacoli e interruzioni, senza pregiudizi.

Ascoltare, conoscere, seguire una dinamica politica poiché di natura relazionale, di natura personale, di natura etica: il grido di Alika, creatura indifesa ammazzata a mani nude qualche giorno fa Civitanova Marche, è stato filmato e non ascoltato, diventato copione di uno dei tanti e terribili spettacoli di crudeltà di cui la rete è piena. Per dirla con Bauman solo spettatori di spettacoli di dolore mediatizzato. Se solo qualcuno fosse intervenuto, certo a proprio rischio, probabilmente una vita sarebbe stata salva. Per ogni vita salvata c’è sempre chi rischia la propria, è la legge della giustizia che rivendica, sempre e in ogni caso, la difesa del più debole. La lezione platonica (nel Mito della Caverna) ci mostra che chi ha visto la luce, dopo solo ombre, non teme di voler liberare anche gli altri dalle catene dell’animo umano. Egli vede la realtà nella sua autenticità ma anche nella consapevolezza dell’incomprensione e del rifiuto, nella convinzione che le ombre restino la realtà, la comodità di una vita assuefatta alla logica del proprio vile interesse, spesso in preda al solo istinto di sopravvivenza.

Una politica che non aiuti a fare luce, che non accenda il desidero per gli altri e per il loro bene, che non condanni apertamente e senza timori gli oltraggi quotidiani alla dignità della persona e della biosfera e che anzi metta in discussione il pericolo in cui versa, è una politica da temere poiché innaturale rispetto alla sua vocazione di educazione e di insegnamento all’amicizia sociale e al debito intergenerazionale che è chiamato ad assolvere. Così custodire la vita non è possedere ma è convertire. C’è la richiesta di un dinamismo insito alla stessa natura dell’essere umano nell’atto del custodire che è un curare la vita in ogni sua forma perché ci sia vita di generazione in generazione. Convertire è educare ed educarsi al rispetto di ogni vita a partire dalla propria perché donata. Nel ciclo antropologicamente e socialmente vitale di «ricordare, ritornare, riposare e ripristinare» ogni iniziativa risulterebbe sterile se non avesse una radice etica di sostenibilità dell’uomo e del creato, se non si sviluppasse una necessaria solidarietà globale nei confronti della biodiversità, se non si mettesse al centro delle politiche nazionali e internazionali la fragilità del biosistema che è anche fragilità dell’essere umano.

Heidegger ricorda che i mortali, si prendono cura e abitano pienamente nella misura in cui «salvano la terra». Salvare non è semplicemente strappare a un pericolo, ma liberare dallo «sfiancamento» che conduce alla distruzione. Ascoltare, custodire, convertire sono i tre verbi di rilancio di un patto politico ed educativo che è primariamente di natura etica e antropologica, di natura sociale e culturale. Ancor più dovrebbe esserlo in un tempo in cui una guerra reale diventa drammaticamente pura routine mediatica, la violenza giovanile raggiunge vertici mai prima toccati e in cui il nostro Paese è impegnato in una campagna elettorale estiva che affonda le sue motivazioni nell’irresponsabilità e nella capricciosa adolescenza di tanti politici che cercano collocazioni più che offrire contenuti, idee e programmi. La spasmodica ricerca di contenitori e non di contenuti è uno dei più grandi limiti di questa politica, come dire 'vediamoci al bar', per poi restare muti senza alcunché da dirsi perché privi di un pensiero, disabituati totalmente a ragionare e a dialogare. Così, nella logica della routine necessaria a convincersi di controllare e possedere le proprie vite, i deboli accordi sul grano tra Russia e Ucraina ci danno l’impressione che questa guerra che pur continua a mietere vittime innocenti su ogni fronte sia meno drammatica e in Italia il voto anticipato - ovviamente con la stessa legge elettorale confezionata per un Parlamento con molti più seggi - che tutto possa magicamente cambiare, nonostante la crisi sanitaria, economica, sociale, climatica che non segue scadenze elettorali.

Custodire nella tradizione filosofica ha a che fare con la virtù dell’amicizia e intrinsecamente con quella della giustizia necessaria perché, ce lo ricorda ancora il Papa, a ogni transizione ecologica che qualche politico vorrebbe mettere da parte, corrisponde una transizione umana e di sviluppo integrale e non di semplice ecologismo.

Sociologo, Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale