Nuova fase pandemica, dati e misure. Prepariamoci al dopoCovid
La scorsa settimana i Centers for Disease Controls (Cdc) degli Stati Uniti d’America hanno diffuso internamente un documento sullo stato della pandemia che non ha avuto tutta l’attenzione che meritava. La prima rilevazione, la più nota, riguarda la contagiosità della variante Delta, oggi largamente dominante, che risulta più trasmissibile dei virus che causano Mers, Sars, Ebola, il comune raffreddore e l’influenza stagionale e paragonabile al virus che causa la varicella. Non è una buona notizia. La carica virale di Delta risulta fino a mille volte superiore rispetto al virus di Wuhan il che significa che la presenza di un soggetto infetto all’interno di un ambiente chiuso in prossimità di un soggetto suscettibile, cioè non protetto dalla vaccinazione, equivale a trasmissione certa. Questa considerazione apre scenari inquietanti per la riapertura delle scuole, ed è per questo che i Cdc ora raccomandano, oltre che la vaccinazione in tutti i soggetti al di sopra dei 12 anni, anche l’uso delle mascherine per tutti i bambini al di sopra dei due anni.
La seconda considerazione riguarda la possibilità che le persone immunizzate possano trasmettere l’infezione alle persone non vaccinate. Questa viene considerata una possibilità non trascurabile, ed è per questo che anche i soggetti vaccinati devono indossare le mascherine in ambienti chiusi e quando non sia possibile garantire la distanza di sicurezza. «Data la maggiore contagiosità e l’attuale copertura vaccinale, l’uso universale delle mascherine è essenziale per ridurre la trasmissione della variante Delta», afferma il documento. I dati presentati confermano l’esistenza di un rischio maggiore di ricovero e morte per i gruppi di età più avanzata rispetto a quelli più giovani, indipendentemente dallo stato di vaccinazione. I Cdc sottolineano comunque che si deve «continuare a evidenziare la comprovata efficacia dei vaccini nel prevenire malattie gravi e morte, pur riconoscendo che le infezioni più lievi potrebbero non essere così rare e che gli individui vaccinati stanno trasmettendo il virus». «Sebbene sia raro, riteniamo che a livello individuale le persone vaccinate possano diffondere il virus, motivo per cui abbiamo aggiornato la nostra raccomandazione» Il documento chiarisce infatti che la vaccinazione fornisce una protezione sostanziale contro il virus, ma afferma anche che bisogna migliorare le comunicazioni sul rischio individuale tra i vaccinati perché quel rischio dipende da una serie di fattori, tra cui l’età e la presenza di un sistema immunitario compromesso, i quali potrebbero necessitare di una dose aggiuntiva. In effetti, Israele e la Gran Bretagna, Paesi che erano partiti per primi con una campagna di vaccinazione di massa e che hanno negli ultimi mesi registrato un enorme aumento dei casi hanno già attivato il processo per la somministrazione di una terza dose ai soggetti più anziani.
Quali sono le implicazioni di questo importante documento per il nostro Paese? Innanzitutto bisogna accelerare ed estendere la campagna di vaccinazione, solo così potremo limitare il numero di infezioni e il conseguente carico di ospedalizzazione e decessi. L’adozione diffusa del Green pass ha, sotto questo punto di vista, due obiettivi principali: il primo è quello di garantire ai soggetti vaccinati, che anche in Italia sono oggi la maggioranza, libertà di movimento in condizioni di sicurezza e quindi anche di svolgere tutte le attività sociali e produttive che tengono a galla l’economia del Paese. Il secondo è quello di dare una "spinta gentile" a coloro che esitano a vaccinarsi, non perché siano ideologicamente contrari ai vaccini (questi non sono più del 3%), ma perché scarsamente informati e/o motivati.
L'altra priorità è la scuola, che va riaperta in sicurezza, ma che per questo necessita di attenzioni che vanno oltre i semplici auspici. I percorsi verso e dalla scuola vanno resi sicuri con il potenziamento dei mezzi di trasporto pubblici e con l’accesso reso possibile solo con il Green pass e, oltre alle mascherine, alla distanza di sicurezza e all’igiene delle mani e degli ambienti va monitorata e ventilata l’aria con appositi strumenti tecnologici: non è possibile né sufficiente farlo solo con l’apertura delle finestre, soprattutto nella stagione fredda.
I Cdc chiudono il loro documento con una frase precisa e allarmante: con la variante Delta è «cambiata la guerra». Fortunatamente i vaccini ci proteggono ancora da malattia grave e morte, ma la protezione contro l’infezione si è attenuata e se non agiremo in modo più deciso e coordinato a livello internazionale, vaccinando tutta la popolazione mondiale, prima o poi emergerà un’ulteriore variante che ci costringerà a ripartire da capo.
L’anno scorso, di questi tempi, sostenevo che la guerra contro la pandemia era appena cominciata e se l’avessimo paragonata alla seconda guerra mondiale ci saremmo trovati nel 1941 e non nel 1945. Quello che però ci differenzia rispetto alla dinamica di una guerra mondiale è che un conflitto distruttivo tutti desiderano che finisca quanto prima possibile, adoperandosi al meglio degli strumenti disponibili per concluderlo e limitare i danni. Questa pandemia rappresenta invece un inedito rispetto a tutta la storia umana precedente: pur avendo gli strumenti tecnologici e organizzativi per porvi fine vi è una considerevole fetta di popolazione che, più o meno consapevolmente, sta adoperandosi per prolungarla, con tutto il carico di sofferenze e morte che questo prolungamento comporta. La variante Delta sta mettendo alla prova la nostra razionalità e capacità decisionale, ci induce a non ripetere gli stessi errori già fatti l’anno scorso, ci impone di prendere decisioni rapide e responsabili. Sono certo che, almeno nel nostro Paese, lo faremo.