Opinioni

Sulla «Gazzetta Ufficiale» raffica di amministratori sospesi. Ridateci una politica pulita e trasparente

Antonio Maria Mira domenica 29 gennaio 2012
La Gazzetta ufficiale di ieri non si apre con qualche importante decreto 'salva Italia'. Niente economia, niente sviluppo, niente liberalizzazioni o semplificazioni. Ieri le prime pagine del più 'ufficiale' dei documenti italiani sembrano, ahimè, più un casellario giudiziario che una raccolta di norme per governare al meglio il Paese. Contengono, infatti, ben cinque decreti del presidente del Consiglio di sospensione dalla carica di altrettanti consiglieri regionali. Due siciliani, uno calabrese, uno campano e uno lombardo. Tutti finiti in carcere o agli arresti domiciliari nello scorso mese di novembre. Accuse pesanti, dall’associazione mafiosa alla corruzione. Storie più o meno note, già assurte agli onori (si fa per dire...) della cronaca. Ma fa una gran brutto effetto vederli tutti assieme, uno dopo l’altro, in apertura della Gazzetta, prima di provvedimenti sui titoli di Stato o sull’autotrasporto. Davvero una gran brutta fotografia della politica italiana, soprattutto di quella locale. Quanto la rappresentano davvero? Certo, come sempre, bisognerà attendere tutti i gradi di giudizio ma, lo ripetiamo, l’immagine è sconfortante. Interessi privati e privati affari, collusioni con le mafie e voti mafiosi ambiti e ricercati. Come siamo lontani dalla visione che ha ispirato il recente appello del cardinale Bagnasco ai partiti ad «attivarsi con l’obiettivo di riscattarsi, preoccupati veramente solo del bene comune». E l’elenco pubblicato ieri sulla Gazzetta ufficiale non è, purtroppo, il primo. Solo negli ultimi due anni sono stati ben 11 i consiglieri e gli assessori regionali sospesi dopo l’arresto: 4 in Sicilia, 2 in Campania, 1 in Calabria, Piemonte, Lombardia, Lazio e Abruzzo. E appena quindici giorni fa, sempre nelle prime pagine, abbiamo potuto leggere il decreto di scioglimento per infiltrazione mafiosa del Comune calabrese di Nardodipace in provincia di Vibo Valentia, assieme alla proroga di sei mesi (dopo altri 18) del commissariamento per gli stessi gravi motivi dei comuni di Nicotera ( Vibo Valentia), Giricignano d’Aversa (Caserta) e San Giuseppe Vesuviano (Napoli). E la scorsa settimana il Consiglio dei ministri ha deciso lo scioglimento (sempre per collusioni mafiose) di altre due amministrazioni comunali calabresi, quella di Samo, in provincia di Reggio Calabria, e quella di Briatico, ancora nel Vibonese. Le ultime di un lungo elenco. Attualmente sono 15 i Comuni commissariati per mafia e una ventina quelli sotto osservazione (compresa addirittura Reggio Calabria). Solo questioni locali? L’ineluttabile conseguenza di vivere in terre di mafia? Solo storie del Sud? No, c’è ben altro. Lo dimostra la sospensione dei consiglieri lombardi e piemontesi, ma anche lo scioglimento per ’ndrangheta del Comune di Bordighera. «Le città del Nord faranno bene a rinforzare la vigilanza e a moltiplicare gli anticorpi», è stata la recente sollecitazione del presidente della Cei. Ma non è tutto mafia. È, piuttosto, cattiva politica. Anzi, non è politica. È ora più che mai compito dei partiti, a livello locale e nazionale, dare una brusca sterzata. Soprattutto in questa fase di forte disaffezione degli italiani verso quella che è vista quasi solo come una 'casta'. È tempo di pulizia e trasparenza, di vero servizio e cristallino impegno. Per riempire la Gazzeta ufficiale di parole di speranza e cambiamento e non di più articoli del Codice penale.