N on c’è nulla di strano. Quando sono i poveri a morire, è proprio come hanno vissuto. Nel silenzio, senza tracce e pubblicità. Hanno attraversato la vita nella dimenticanza. La povertà è anzitutto mentale, antropologica potremmo dire. Ma lei non si trova nei poveri. Si nasconde invece e da tempo nella politica. I poveri se ne vanno senza rumore. La politica merita questo nome quando offre ai 'senza voce' della storia la possibilità della parola. Ogni altra attività politica non è nient’altro che vuote chiacchiere per chi può andare a farsi curare altrove. Oppure nel Paese stesso, ma nelle cliniche private gestite dai dottori che fanno sciopero nelle strutture pubbliche. Nel Niger, dal gennaio di quest’anno, si registrano 61 morti, soprattutto bambini, a causa della meningite. I loro nomi sono sconosciuti perché i volti dei poveri sono inghiottiti dalla sabbia e dalla polvere della rassegnazione. Intanto l’attualità politica si diverte a giocare con la dignità confiscata al popolo. Essa dovrà presentare un giorno i conti ai poveri che, soli, detengono la verità della storia. La povertà si nutre di scuse e di pretesti senza fondamento. Il passato coloniale, il complotto internazionale, i cambiamenti climatici, la demografia, la sicurezza e la crisi della religione. Tutto è vero e falso allo stesso tempo. In ogni caso non è sufficiente per giustificare la povertà mentale che assedia ogni tentativo di trasformazione. C’è la povertà 'conviviale', condivisa, vissuta e che è parte della vita che abbiamo conosciuto tutti. Poi c’è la povertà che si misura in soldi, la povertà monetizzata… che è ancora più pericolosa a causa delle disuguaglianze dominanti. E infine c’è la miseria, che tocca lo spirito e il corpo sociale di un Paese. La miseria si propaga come la meningite malgrado le promesse e i mezzi a disposizione. Si muore per una eccedenza di parole inutili ed effimere, nel silenzio e nella mancanza di vergogna. Una politica degna di questo nome dovrebbe provare vergogna dei propri tradimenti e soprattutto del vuoto di coscienza.
I regni senza la giustizia non sono che imprese di brigantaggio, scriveva Sant’Agostino di Ippona. Introducendo lo scritto del professore nigerino Abdou Moumouni sull’educazione in Africa, lo storico Joseph Ki-Zerbo sottolineava che Moumouni era 'incatenato' al suo popolo. Questa è un’affermazione essenziale per interpretare il ruolo e la missione di ogni politico. Di questi tempi e luoghi non si vede nessun politico 'incatenato' al popolo e per il popolo. Non si percepisce nessuna relazione di dipendenza rispetto al popolo. Il popolo, e cioè i poveri, sono utilizzati, manipolati, mantenuti in uno stato di sottomissione che conviene a molti. La miseria è utile politicamente per conservare il potere e perpetuare il sistema di esclusione globale. La classifica annuale dei paesi secondo lo sviluppo umano, stilata dalle Nazioni Unite è certamente indicativa. Nonostante abbia difetti, contiene un fondo di verità. Il Niger è buon ultimo del plotone, per il terzo anno consecutivo. La meningite è un sintomo politico, l’espressione della sconfitta di una politica estrattiva. C’era una volta la politica come costruzione di un mondo differente. Ci si trova oggi tra le mani una politica indifferente per un mondo sofferente. L’anno scorso la stessa l’epidemia aveva provocato la morte di 573 persone su 8.500 malati. Nel frattempo ci sono state le elezioni presidenziali e legislative. Il contendente alle presidenziali è stato evacuato all’estero per motivi di salute, come un atto politico. Non ci si accorge che, da tempo, la politica stessa è stata evacuata.
Niamey, aprile 2016 © RIPRODUZIONE RISERVATA diario irregolare