Il direttore risponde. Politica: annunci, fatti e speranze
Caro direttore,
ho letto il suo fondo del 28 marzo ("Non solo cinguettii") e ritengo che aiuti a fare luce nell’oscurità della vita politica italiana. A parte le speranze, comuni, di dar vita a un bipolarismo non più fazioso ma "politico" nel reale senso del termine, la mia attenzione si è concentrata sul riferimento che lei ha voluto evidenziare circa le parole del cardinal Bagnasco sulla natura e sul ruolo dei partiti. Sono andato con i ricordi all’esperienza più che secolare del movimento politico dei cattolici, che, da dopo il 1848 e fino a oggi, è passato per la Democrazia cristiana di Murri, il Partito Popolare di Sturzo, la Democrazia cristiana di De Gaperi e Dossetti, di Fanfani e Moro... Finita la cosiddetta Prima Repubblica, abbiamo avuto in ambito cattolico, come si dice, la diaspora tra le varie espressioni politiche che ha lasciato in vita il solo partito di Pier Ferdinando Casini: l’Udc. Molti cattolici invece hanno deciso di aderire ad altri soggetti politici. Sic stantibus rebus, molti si domandano: perché i cattolici non possono riscoprire un comune sentire e insieme ritrovarsi, non solo per princìpi e valori, ma anche sotto l’aspetto organizzativo? Se è vero che non è un dogma l’unità politica dei cattolici, altrettanto può dirsi che non lo è la loro divisione. Casini in questi mesi più volte ha dichiarato che il suo partito è un momento di passaggio, propedeutico alla costituzione di un più grande "partito dei moderati" che ovviamente non sarà una Dc restaurata (Casini ha anche detto che cambierebbe nome al partito e toglierebbe il suo nome dallo Scudocrociato). Se questa è la prospettiva, che cosa si aspetta ad aprire una fase costituente, rivolgendo ai cattolici impegnati o che vogliono impegnarsi in politica l’invito ad aderire a tale progetto e a dare il proprio apporto? E questi che cosa aspettano a muoversi, riprendendo e rilanciando i valori del "popolarismo" di Luigi Sturzo nel nostro tempo di relativismo culturale, etico e politico, figlio di una cultura agnostica? Con profonda stima.
Raffaele Reina, Napoli