Editoriale. Piove, puntiamo sul solare
Quattro alluvioni in un anno e mezzo in Emilia Romagna ci dicono che non è più tempo di scherzare sul clima e che è necessario un impegno bipartisan perché l’aumento della temperatura media e il riscaldamento dei mari accrescono l’intensità delle precipitazioni e creano le condizioni per l’incremento della frequenza degli eventi climatici estremi.
Le due linee guida fissate da tempo a livello internazionale sono quelle della mitigazione (riduzione delle emissioni) e dell’adattamento. Sono entrambe assolutamente necessarie perché possiamo e dobbiamo investire nella riduzione del rischio idrogeologico ma con l’intensità delle precipitazioni che stiamo vivendo sarà comunque molto difficile evitare esondazioni e alluvioni.
Dobbiamo combattere innanzitutto lo scoraggiamento di chi dice che sul fronte della riduzione delle emissioni non c’è nulla da fare e che è lo sforzo del nostro Paese da solo è inutile. Il limite principale nel dibattito sulla transizione ecologica è ragionare sulla fotografia del presente senza capire dove le dinamiche in corso ci porteranno solo tra pochissimi anni.
In realtà a livello internazionale la marcia è rapida su tutti i fronti. La via maestra per la riduzione delle emissioni è cambiare il modo di produrre energia. Nel rapporto uscito qualche giorno fa l’Agenzia Internazionale del Clima prevede che nuove installazioni da rinnovabili nel mondo di qui al 2030 (nei prossimi sei anni) saranno 3 volte quanto fatto nei sei anni precedenti (dal 2017 al 2023). Dentro questa buona notizia ce n’è un’altra perché è ben noto che le previsioni dell’Agenzia sono molto conservatrici e sono state sistematicamente battute al rialzo dalla realtà dei fatti negli ultimi vent’anni
Lo stesso rapporto sottolinea come «le rinnovabili stanno crescendo più rapidamente dei target stabiliti dai governi non solo perché si vogliono ridurre le emissioni o per l’obiettivo sicurezza energetica, ma soprattutto perché sono l’opzione economicamente più conveniente in quasi tutti i Paesi del mondo». Il dato è confermato dal rapporto presentato nello stesso mese dall’agenzia mondiale per le rinnovabili (Irena) che calcola come dal 2010 al 2023 il costo del fotovoltaico rispetto a quello medio delle fonti fossili è passato dal più 41,4% al meno 56% e quello dell’eolico offshore dal +126% al -25%. L’Agenzia sottolinea anche come il 60% delle nuove installazioni sarà in Cina e Brasile, tra i numerosi Paesi che stanno facendo meglio degli obiettivi dichiarati per il 2030. Anche in Europa gli ultimi dati sono incoraggianti perché il 75% dell’energia nei primi mesi di quest’anno è stato prodotto da fonti low carbon (rinnovabili e nucleare).
Persino nel settore delle automobili, uno di quelli su cui si discute più accanitamente con riferimento al bando della produzione di auto con motore a scoppio nel 2035, i cambiamenti sono tumultuosi. Il prezzo delle batterie, in sensibile calo negli ultimi anni, è atteso scendere sotto i 100 dollari il prossimo anno, soglia critica sotto la quale si ritiene che il prezzo delle auto elettriche sarà inferiore a quello dei corrispondenti modelli con motore a scoppio (non solo in Cina dove è già così ma anche in Europa). Il Paese dove il cambiamento sta avvenendo nel modo più rapido e straordinario è proprio la Cina dove quest’anno il numero di nuove auto elettriche immatricolate ha superato quello delle auto con motore a scoppio e si prevede si arrivi al 100% nel 2029.
In Italia riusciremo a salire sul treno della transizione raggiungendo, oltre che l’obiettivo climatico assieme agli altri Paesi, quell’indipendenza che ridurrà il costo dell’energia per famiglie e imprese che è uno dei maggiori ostacoli della nostra competivitità come riconosciuto dal piano Draghi?
Negli ultimi anni purtroppo, nonostante la crescita della quota di energia elettrica prodotta da rinnovabili (quasi al 50%) abbiamo perso posizioni rispetto alle altre nazioni se il Climate Change Performance Index ci dice che siamo passati in un anno dal 28esimo al 58esimo posto nel mondo.
Le ultime dichiarazioni del ministro Pichetto Fratin portano un po’ di ottimismo quando annuncia obiettivi come il dimezzamento delle istanze di Valutazione d’Impatto Ambientale pendenti entro il 2025 e azzeramento negli anni successivi. Perché il problema nel nostro Paese non è la creatività dal basso di cittadini e imprenditori ma i tempi della burocrazia che rischiano di soffocarla.
Nonostante questi innegabili progressi che indicano come la dichiarazione di marcia sia quella giusta, la sfida resta difficile. Il progresso tecnologico e nell’uso delle rinnovabili deve essere talmente forte da colmare anche l’aumento della domanda di energia che continua a crescere anche a causa del progressivo avvento dell’intelligenza artificiale. Si discute accanitamente se e quanto l’opzione nucleare possa e debba contribuire a chiudere il cerchio. Il nucleare, anche se non prodotto nel nostro Paese, fa parte del nostro mix energetico con i consumi dell’energia che arriva dalle centrali francesi. Costruire centrali tradizionali richiede tempi troppo lunghi mentre la nuova generazione di piccoli reattori nucleari di cui si parla molto di questi tempi è prevista al massimo, se tutto andrà bene, per la fine del decennio quando dovremo essere già molto più avanti di ora. Non resta dunque che pigiare l’acceleratore sulle rinnovabili e continuare ovviamente dibattito e ricerca sul resto.
Come ricorda spesso papa Francesco non ci resta che essere tenaci nella speranza che però va alimentata con l’impegno e la perseveranza di scelte concrete. Non possiamo perdere tempo se non vogliamo far morire la speranza di un futuro possibile, e non sempre più difficile, per noi e per i nostri figli.