L’indigenza assoluta nell’agenda della politica. Piaga trasversale interventi durevoli
L’indigenza assoluta nell’agenda della politica Caro direttore, ieri, 17 ottobre, abbiamo celebrato anche in Italia la Giornata mondiale contro la povertà, indetta nel 1992 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Tuttavia, il nostro Paese è ancora molto lontano dalla risoluzione del problema. Le persone in povertà assoluta, senza cioè le risorse economiche necessarie per conseguire uno standard di vita 'minimamente accettabile' sono 4,6 milioni, il 7,6% dell’intera popolazione. La povertà è una violazione dei diritti umani, del diritto fondamentale all’abitazione, al cibo, alla casa, all’istruzione, a un lavoro dignitoso.
Stando alle ultime stime diffuse dall’Istat, nel nostro Paese il numero degli indigenti continua a crescere e non è mai stato così alto dal 2005 a oggi. In questi anni di crisi la povertà assoluta non solo si è ulteriormente radicata laddove in passato era già più presente – il Sud, gli anziani, le famiglie con almeno tre figli e i disoccupati – ma ha allargato la propria forbice, arrivando a colpire anche i segmenti un tempo ritenuti meno vulnerabili. Come sottolineato anche dal rapporto Caritas diffuso ieri, non ci sono più categorie o luoghi più svantaggiati di altri, ma i confini dell’indigenza si sono allargati trasversalmente a tutte le aree geografiche, a tutte le generazioni – colpendo in particolare giovani e minori –, a tutte le tipologie familiari, a tutte le nazionalità, e finanche agli occupati. L’Italia, però, è ancora priva di una misura nazionale universalistica rivolta a chi vive in povertà assoluta.
A partire dal 2013 l’Alleanza contro la povertà (un organismo della società civile, non partitico, che – come i lettori di Avvenire sanno bene – raccoglie 36 organizzazioni tra realtà associative, rappresentanze di Comuni e Regioni, sindacati) cerca di dare una risposta al ritardo con cui il nostro Paese affronta il tema dell’esclusione sociale. L’Alleanza non si è limitata a dare visibilità alle dimensioni del fenomeno della povertà ma ha elaborato una dettagliata proposta di azione di contrasto, proponendo l’introduzione del Reddito d’inclusione sociale (Reis) – una misura universalistica che prevede sia un sostegno al reddito sia una serie di servizi alla persona finalizzati al reinserimento socio-lavorativo dei destinatari della misura – e la conseguente adozione di un Piano nazionale contro la povertà.
Anche grazie all’azione dell’Alleanza, il tema della povertà assoluta è entrato nell’agenda politica, e alcuni interventi stanno tentando di dare una prima risposta: in particolare la Legge di stabilità 2016, e poi la presentazione di un disegno di legge che delega il Governo a introdurre una misura stabile di contrasto alla povertà assoluta, denominata Reddito di inclusione (Rei). Il ddl delega è già stato approvato dalla Camera e ora è in discussione al Senato, tuttavia il Rei va inteso come un inizio e non un punto di arrivo di un percorso che, gradualmente ma in un arco di tempo definito, deve portare all’adozione di una misura nazionale rivolta a tutte le persone in povertà assoluta.
L’Alleanza chiede al Governo e al Parlamento di rendere la misura universale, estendendola a tutti i poveri. Attualmente, infatti, tanto il Reddito di inclusione quanto il Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) – la misura 'ponte' prevista fino alla conclusione dell’iter parlamentare e del successivo percorso attuativo della misura – hanno un carattere di categorialità, ossia si rivolgono esclusivamente a tipologie di soggetti ben definite. Per rendere la misura universale è ovviamente necessario incrementare l’entità delle risorse stanziate, pertanto già dalla prossima Legge di Bilancio si dovrebbe prevedere un sensibile aumento delle risorse per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, nell’ottica di un incremento graduale dei finanziamenti. Infine, per evitare che il Rei abbia solo un carattere assistenziale, senza quindi favorire l’uscita dei beneficiari da una condizione d’indigenza, il Paese deve rafforzare tutta una serie di servizi e di infrastrutture del welfare locale necessari a realizzare percorsi di reinserimento socio-lavorativo dei destinatari delle misure.
È però altrettanto importante dare continuità a questo percorso, avendo chiaro l’obiettivo al quale si vuole arrivare e attraverso quali tappe. Consapevole dell’attenzione e della sfida raccolta dal Governo e dal Parlamento, l’Alleanza si aspetta che venga assunto l’impegno di elevare gradualmente le risorse destinate all’inclusione sociale sino a garantire, al massimo entro 4 anni, un sostegno a tutte le persone in povertà assoluta. La logica è quella del 'gradualismo in un orizzonte definito': il legislatore si impegna a stabilire da subito il punto di arrivo del percorso (il Rei come diritto per chiunque sia in povertà assoluta a partire dall’ultimo anno del Piano) e le tappe intermedie, specificando l’allargamento dell’utenza stabilito per ogni annualità e prevedendo il relativo ampliamento di risorse economiche.
La stima, a regime, è di circa 7 miliardi di euro all’anno. Siamo dunque a un passaggio decisivo per la lotta alla povertà in Italia e l’Alleanza auspica che le scelte da compiere nelle prossime settimane ricevano adeguata attenzione da parte di Governo e Parlamento.
*portavoce dell’Alleanza contro la povertà in Italia e presidente delle Acli