Tre anni fa moriva padre Rastrelli. Più battaglia anti-usura nell'Italia del Covid
Tre anni fa, era il 26 febbraio 2018, moriva padre Massimo Rastrelli. Ieri come oggi il suo nome richiama all’istante l’impegno per affrancare le persone dalla prigionia dell’usura e di ogni altra malsana e avvilente forma di indebitamento. Ed è bene non dimenticare la riconoscenza che dobbiamo all’allora semplice parroco del Gesù Nuovo, a Napoli, che agli inizi degli anni 90 seppe capire e far capire come la modernizzazione del Paese non avesse affatto estinto un fenomeno sordido e arcaico qual è l’usura. Nel 1990 nacque la prima Fondazione per contrastarla, aiutando le vittime. A essa, ne seguirono altre cinquanta, la maggior parte associate alla Consulta nazionale, creata proprio da padre Massimo. E oggi la sfida continua e si rinnova, mentre il commercio del denaro a usura sta accompagnando la «pandemia socio-economica» provocata dal Covid-19.
Un po’ di memoria. Trent’anni fa prevaleva in Italia l’«economia reale», con le manifatture e le conseguenti capacità produttive. Inoltre, alla tradizionale forte propensione al risparmio delle famiglie corrispondeva un sistema bancario contrassegnato da istituti di interesse nazionale e dal pluralismo del credito locale. I riferimenti per l’offerta legale di denaro erano le attività economiche e gli impieghi delle famiglie. In quell’Italia dei primi anni Novanta, il mercato dei capitali (azioni, fondi obbligazionari, derivati e swap) aveva ancora proporzioni molto esigue. E ben pochi immaginavano, che vi fosse la persistenza di un fenomeno come l’usura fino a quando sull’Italia si abbatté la traumatica crisi dell’estate del 1992. Scattò l’emergenza finanziaria, prima per i conti pubblici sfuggiti al controllo, e poi per quelli delle banche che avevano utilizzato valuta estera nel proporre contratti a clienti privati e a imprese. Fu in quella temperie che divenne evidente, grazie alla profetica 'scoperta' di quel parroco napoletano, che anche il settore dell’economia delle famiglie, povera gente e persino taluni nuclei di ceto medio, avevano contratto debiti a usura.
L’esperienza del gesuita Rastrelli – aiuto concreto alle parti offese dal reato di usura – spinse, come è nella tradizione più bella della Chiesa cattolica, all’ideazione e all’uso di un rimedio efficace: dar vita a uno strumento atto ad alimentare una solidarietà competente. Bisogna saper fare la solidarietà, non solo volerla, non si stancava di ripetere padre Massimo. L’associarsi di motivazione pastorale e di approccio tecnico efficace e puntuale (che dimostrava la possibilità dei rimedi) portò quindi sin nelle aule parlamentari l’esigenza di una nuova legge. Che arrivò nel 1996. Da allora, però, la questione dei patti leonini, dei prestiti a interesse illegale, non si è più riassorbita. Si è evoluta, anzi, di pari passo con l’andamento dell’economia italiana, fino a riaccendersi negli anni della recessione economica, innescata dalla crisi finanziaria del 2008. Poi, lo choc dell’oggi, con le immani sofferenze anche socio-economiche della crisi pandemica.
Adesso si può disporre – ed è compito dell’attuale governo riconoscerlo con urgenza – di una solidarietà antiusura attiva ed efficace. La pratica dell’aiuto 'dal basso', l’apostolato perseverante e competente delle Fondazioni, sorte sull’esempio della prima, quella intitolata a san Giuseppe Moscati, si è perfezionata negli anni successivi. E ha consentito di vedere bene un’altra 'priorità sommersa', contigua a quella dell’usura: il gioco d’azzardo.
Ecco perché oggi c’è da tornare alle origini: nella più devastante recessione economica conosciuta dall’Italia repubblicana il tema dell’usura va ripreso e declinato in tutte le sue espressioni: dalle devianze dei 'colletti bianchi', e cioè dal crimine d’impresa, al prestito illegale della delinquenza comune e organizzata. Bisogna essere al fianco dei concittadini più poveri, bersagli di un business dell’approfittamento, al quale il Covid- 19 ha consegnato margini enormi d’azione.