Il direttore risponde. Petardi. E realtà (da cambiare)
Gentile direttore,
non posso dire che lo spread sia «un imbroglio». Di certo si tratta di una manipolazione ben congegnata da chi ricopre il doppio ruolo di giudice e beneficiario del giudizio. Si tratta di un déjà vu: sono frequenti le situazioni dove si fatica a capire da che parte stia l’arbitro. In maniera del tutto analoga appare evidente che i soggetti giudicanti e coloro che grazie alla speculazione traggono beneficio dalle pagelle siano tifosi che appartengono alla stessa curva, agli stessi ultras. A mio giudizio, l’onorevole Berlusconi ha mostrato una conoscenza della "teoria dei giochi" molto maggiore di quella del professor Monti. Eppure quella dovrebbe essere una disciplina strettamente connessa alle scienze economiche, molti premi Nobel sono stati vinti da economisti esperti di questo settore. Berlusconi si è ribellato alla "dittatura dello spread" e ha capito e fatto capire a tutti gli italiani che il gioco al massacro iniziato dagli speculatori avrebbe potuto alla fine ritorcersi contro gli stessi soggetti che lo avevano iniziato. Grazie al concetto del too big to fail (troppo grosso per fallire) è bastato che anche solo per un attimo iniziasse a circolare l’ipotesi di una soluzione di default all’islandese che la Borsa ha corretto le perdite, così come lo spread. Senza alcun inasprimento della pressione fiscale. È bastato un piccolo petardo.
Non intendo fare il tifo per Berlusconi ma mi sa che in certi casi affrontare una situazione a muso duro rappresenti la soluzione migliore, talvolta l’unica via d’uscita.
Andrea Bucci, Torino