Intervento. Dai valori eco-sociali al caos di oggi: perché Grillo non vota più M5s
Beppe Grillo
Perché esiste il Movimento 5 stelle? La risposta è riassunta in quella cifra “2050” nel suo simbolo. Le ragioni per creare un nuovo partito le spiegò Grillo nel 2008 nel suo articolo fondativo «Perché non voto» su Internazionale Nr. 739: «Non voterò alle prossime elezioni – scriveva - perché nessuno dice cosa farà affinché nel 2050 l’Italia sia un paese vivibile, in un mondo vivibile. (…) Il programma (ndr: di un partito necessario) si può riassumere in una parola: meno. Meno energia, meno materiali, meno lavoro. Al momento non mi sembra ci siano partiti capaci di portarlo avanti». Sedici anni dopo, un “partito del 2050” c’è. Ma Grillo non lo vota più. Cosa è successo? Quali erano gli argomenti di Grillo nel 2008? «Facciamo danni che durano millenni», scriveva. «È questa la grande novità delle tecnologie. I politici, quindi, devono darsi obiettivi che siano molto più in là di una legislatura. Quasi tutti i peggioramenti della nostra vita hanno un’unica causa: troppa economia. Troppa energia, troppo petrolio, troppi materiali, troppo inquinamento, troppi rifiuti, troppa pubblicità, troppa corruzione, troppo stress, troppo lavoro. Contro questi eccessi bisogna agire subito. Il risultato dovrebbe essere: meno economia, più vita. Tra i paesi industriali, l’Italia è al primo posto per cemento, automobili e telefonini, ma tra gli ultimi per la felicità dei suoi abitanti. Se usassimo meno energia e meno materiali, ci basterebbe lavorare meno e vivremmo meglio. Faremmo meno danni e risparmieremmo milioni di ore di lavoro, che oggi usiamo per fare e per rimediare quei danni. L’economia servirebbe a far star bene le persone, non il contrario.
Oggi consumiamo per poter vendere, vendiamo per poter produrre, produciamo per poter lavorare. Spendiamo miliardi in pubblicità per convincere persone che non ne hanno i mezzi a comprare cose di cui non hanno bisogno. I politici dovrebbero impegnarsi da subito su tre obiettivi: meno energia, meno materiali, meno fatica». Nel suo articolo fondativo del 2008 e negli spettacoli dei precedenti quindici anni Grillo indicava obiettivi di dimezzamento per il 2050, basati sulle realtà politiche più d’avanguardia. Per il dimezzamento dell’energia: l’idea-guida di una «società a 2.000 watt» (di potenza pro capite, invece di 4.000 watt) adottata dal 2002 nelle strategie di sviluppo sostenibile dei governi elvetici. Per il dimezzamento dei materiali: l’idea guida della «economia circolare», formulata dagli anni ’70 dal tecnologo zurighese Walter Stahel mira al dimezzamento dell’uso di materie prime pro capite. Per il dimezzamento del lavoro: nel 2050 una settimana lavorativa media di 30 ore e altre riduzioni del tempo dedicato al lavoro retribuito dovrebbero portare alle «40.000 ore» (invece di 80.000) di lavoro salariato in una vita, preconizzate negli anni ’70 dal grande economista francese, Jean Fourastié.
Sono questi i temi, ribaditi da Grillo nel 2022 nel suo “Manifesto della parsimonia”, che attirarono i primi aderenti ai gruppi degli “Amici di Beppe Grillo” nel 2004. Questi gruppi spontanei vennero poi favoriti e infine gestiti dalla ditta informatica di Gianroberto Casaleggio, al quale si deve la loro strutturazione del 2009 in Movimento 5 stelle, un nome ispirato ai “Comuni a 5 stelle” a vocazione ambientalista. La vocazione eco-sociale, però, fu man mano messa in secondo piano dall’altra anima del Movimento, dovuta alla gestione Casaleggio, quella populista, anti-politica, spesso volgare (vaffa….) e denigratoria. Fu quest’ultima a trasformare un movimento minoritario in un partito di massa che raccolse nel 2018 il 33 per cento dei voti validi e partecipò a tre governi. Questa trasformazione, e la gestione ondivaga di quel patrimonio di voti, fecero però perdere al M5s la sua natura, un processo che ho descritto nel mio libro “Snaturati” e che si aggrava in questi mesi in diatribe personalistiche e non-politiche sulle tecnicalità di partito. Sì, il Movimento è «nella bufera». Come se sulle alte pendici del K2, brancolando nella nebbia, un pugno di alpinisti italiani non ricordasse quale vetta voleva raggiungere e rischiasse l’assideramento, litigando («né di destra né di sinistra») sul verso delle cerniere lampo delle giacche a vento.