Il Papa e Scalfari: dialogo che sorprende. Perché un'amicizia non è un'intervista
Le polemiche che divampano regolarmente dopo la pubblicazione di ogni “intervista” di Eugenio Scalfari a papa Francesco – l’ultima è sull’inferno “che non c’è” – non tengono conto che, quanto il fondatore di 'Repubblica' racconta di Bergoglio, è qualcosa che riguarda solo loro due: la loro amicizia.
«Lui ha detto che è mio amico», ho sentito dire una volta, di persona, da Scalfari. E ho visto come raccontava di quando gli ha aperto la portiera dell’auto o ha portato in mano, lui, il Papa, dei libri che gli stava regalando – «visto che sono pesanti», aggiungeva.
Dico “ho visto” perché vedevo che Scalfari si commuoveva. Aveva gli occhi inumiditi, intendo dire. Anzi, poiché per qualcuno la parola amicizia ha poco peso, dirò che Scalfari è innamorato di papa Francesco. Non temo di usare questa espressione perché Francesco sa bene che il segreto di tutto è innamorarci reciprocamente delle nostre vite con il desiderio di farci conoscere e sa che, agli innamorati, pare sempre di capire che quanto hanno nel cuore è l’esatto ricalco di quanto hanno nel cuore coloro che hanno dinanzi.
Quindi, se la parola “amicizia” va stretta, figurarsi cosa accade se si parla di “intervista”. Parlando dei colloqui tra Scalfari e il Papa dovremmo soffermarci di più sul fatto che il Papa, con Scalfari, ci parla. Ci parla come fa lo Spirito Santo: il Papa parla e l’amico, Scalfari, lo comprende “nella propria lingua”, con i suoi codici. E al Papa va bene così, non lo corregge. Se Eugenio crede che Jorge Mario pensi come lui che l’inferno non esiste, a Jorge Mario va bene, non lo corregge. Perché essere amici non è fare proselitismo ma trovare spazi comuni, senza temere quelle distorsioni e contaminazioni che sempre ci sono in ogni amicizia. Perché quando si cerca unità, si trova Dio sempre e comunque, anche se questa unità può essere mal interpretata. Il fatto è che l’amicizia fa paura. Il nostro occhio malvagio cerca sempre di vedere nelle relazioni il doppio gioco, un movente diverso dal semplice frequentarsi e volersi bene: ma esiste, invece, un’amicizia libera, gratuita, senza secondi fini che ci turba proprio per la libertà che sottintende.
E questa è la vera ragione dello scandalo di alcuni personaggi catholically correct. L’amicizia tra Scalfari e il Papa solleva critiche e turbamenti perché non è di parte, visto che non è di nessuna parte. Non è laica e non è cattolica. È amicizia e basta. Un’amicizia che non può essere ingabbiata in alcun scopo istituzionale o vantaggio personale. Il Papa con Scalfari non si comporta da Francesco ma da Jorge Mario. E a noi rimane da sperare che anche Scalfari svesta i panni dell’ideologo antitutto, della voce sempre fuori dal coro, per essere solo e soltanto Eugenio. Uno che impara a godere di un rapporto “solo loro” che per questo non andrebbe ogni volta abbassato al rango della banale intervista. Perché una relazione così libera e alta è ciò cui troppe volte noi rinunciamo per codardia preferendo le pastoie della convenienza, dell’ideologia, dell’ipocrisia, della schiavitù.