Il Papa in Canada: fede e cultura del tu. Perché nulla sia cancellato
E così la sedia a rotelle di papa Francesco lo ha portato fino al Nord America più profondo. E con la sua sedia a rotelle è stato immortalato davanti alle acque del lago Ste. Anne, che le culture ancestrali chiamano «il lago di Dio», e che al Papa hanno ricordato le rive del mare di Galilea: lì dove è passata la salvezza, in mezzo a un condensato di differenze, tra pescatori e pubblicani, centurioni e schiavi, farisei e poveri, giovani e anziani, uomini e donne di diverse etnìe e culture delle più variegate provenienze ed estrazioni sociali.
Perché questo pellegrinaggio in Canada, voluto da tempo, è stato anche un viaggio alle fonti della fede. E lo è stato nella frontiera oggi più avanzata e organizzata del secolarismo che pialla ogni identità. Per incontrare non solo i popoli nativi ma tutti i nativi del mondo globalizzato che soffrono spesso di un Alzheimer collettivo di fronte all’imposizione di una sempre più diffusa cancel culture e quindi di un autentico sradicamento.
Il Papa ha parlato dei mali prodotti dal colonialismo e dalla sua mentalità, da politiche di assimilazione e di affrancamento, comprendenti in passato anche il "sistema scolastico residenziale" che ha danneggiato i popoli autoctoni, minandone la lingua, la cultura e la visione del mondo, cioè del deprecabile sistema promosso dalle autorità governative dell’epoca che ha visto coinvolte diverse istituzioni cattoliche e ha provocato violenze, soprusi, abusi, separato bambini dalle loro famiglie. In Québec, Francesco si è rivolto direttamente alle autorità civili e sul volo che lo ha riportato a Roma non ha lesinato l’accusa di «genocidio». Ma al tempo stesso ha messo di nuovo in guardia sul fatto che «la colonizzazione non si ferma», si trasforma prendendo le sembianze delle colonizzazioni ideologiche, sempre frutto di quella mentalità colonialista che oggi come ieri impone modelli culturali prestabiliti che contrastano la realtà, soffocano il naturale attaccamento dei popoli ai loro valori tentando di sradicarne le tradizioni, la storia e i legami religiosi. Si tratta di una mentalità che, presumendo di aver superato «le pagine buie della storia», fa spazio a quella "cultura della cancellazione" che valuta il passato solo in base a talune categorie attuali, impiantando una moda che uniforma, rende tutto uguale, non tollera differenze e si concentra solo sul momento presente e sui bisogni degli individui, trascurando spesso i doveri nei riguardi dei più deboli e fragili: poveri, migranti, anziani, ammalati, nascituri. E questo è il male che ci sta contagiando.
Non siamo dunque forse tutti nativi di questa cultura? Il globalismo, si sa, è parente stretto del secolarismo, che nella sua forma radicale ci espropria delle nostre radici. E se la peculiarità di questo «pellegrinaggio penitenziale» in Canada è la richiesta di perdono e la riconciliazione con i popoli indigeni che hanno sofferto le conseguenze degli atteggiamenti colonialisti, questo non è un gesto di "correttezza politica" ma occasione anche per ripetere che ogni prevaricazione di matrice colonialista è incompatibile col Vangelo di Gesù. E che l’annuncio cristiano e le opere apostoliche non sono un’imposizione violenta per i popoli, che sforzarsi di inculcare Dio nelle menti attraverso strategie di dominio culturale è come voler far scendere Cristo dalla sua Croce. Perché questo ci dice la nostra fede: una cultura sola non è capace di mostrarci tutta la ricchezza di Cristo e del suo messaggio. I valori e le forme positivi che ogni cultura propone arricchiscono la maniera in cui il Vangelo è annunciato, compreso e vissuto. E se la nostra fede non cancella l’identità e le diverse culture, la Chiesa di Cristo è, e deve saper sempre essere, luogo dove le differenze vengono accolte.
In questo suo magistero itinerante che prende vita dalle faglie dell’umanità e dai contesti concreti per parlare a tutti, papa Francesco ha voluto sottolineare l’importanza di essere ancorati alle nostre radici, invitando a coltivare il legame tra gli anziani e i giovani per il nostro futuro, e che il mondo è la ricchezza ereditata che va amata «come ti ha amato chi ti ha dato la vita e le gioie più grandi, come ti ama Dio».
Alla fine del viaggio, incontrando in privato alcuni alunni delle ex scuole residenziali insieme a giovani e anziani, Francesco ha parlato a tutti domandando come si può decollare in un mondo che sembra scendere sempre più in basso tra scandali, guerre, imbrogli, mancanza di giustizia, distruzione dell’ambiente, indifferenza per i più deboli, delusioni da chi dovrebbe dare l’esempio. Non c’è altra risposta rispetto a quella del Papa, che stavolta si è spinto fino al Circolo polare artico per dire che la risposta 'sei tu', che la storia del mondo 'sei tu'.