Perché nelle chiese sono rispettate con giusto rigore le regole anti-Covid
Caro direttore,
volevo partecipare a una santa Messa domenicale, ma essendo stata raggiunta la capienza massima prevista nella mia parrocchia, all’ingresso sono stato “respinto”: poco male, perché mi sono spostato in un’altra chiesa poco distante. Mi chiedo, però, come mai questa rigidità di regole che le nostre chiese devono rispettare, quando in altri ambienti chiusi (cinema, teatri...) tutti i posti vengono occupati senza le dovute distanze? Una Messa dura all’incirca 50 minuti e c’è l’obbligo di rispettare le distanze. Uno spettacolo cinematografico o teatrale (sono un abituale frequentatore di sale teatrali) mediamente arriva alle due ore o anche più, e non c’è distanziamento fra un posto occupato e l’altro. Come mai sui bus, treni e sugli altri mezzi di trasporto, tutti i posti possono essere occupati senza l’obbligo del distanziamento sociale? Non credo che le chiese siano focolai di contagio! Quindi perché questo rigore? Perché questi timori con l’imposizione del distanziamento che in altri ambienti invece sono tollerati? Tanti fedeli, che non cercano alternative o non hanno mezzi per spostarsi, rinunciano alla loro presenza domenicale legittimando l’abitudine di mancare alla santa Messa perché « ...tanto non c’è posto», con il rischio che nel tempo venga sempre meno sentita l’importanza della presenza al nostro obbligo domenicale. Non vorrei che fosse anche un modo per ridimensionare e limitare sempre più la presenza e l’incisività della nostra fede nel mondo d’oggi... Sono troppo pessimista? Vorrei tanto essere smentito. La saluto con stima e ammirazione per il vostro lavoro e impegno che condivido e seguo.
In chiesa e negli altri luoghi di culto, come certo sa, caro amico, si può entrare senza esibire la Certificazione verde, il cosiddetto Green pass. Che è invece richiesto per l’accesso a luoghi pubblici come cinema e teatri. In tutti i luoghi di culto in questa stagione pandemica si è però tenuti a osservare le regole di sicurezza suggerite dalle autorità sanitarie e stabilite dai provvedimenti normativi via via approvati e confermati e richiamati in un protocollo in vigore ormai da molti mesi che non è stato imposto, ma concordato con la Chiesa cattolica e le altre comunità religiose presenti in Italia: distanziamento fisico, uso della mascherina (in questa fase è raccomandata la Ffp2, che non tutela solo gli altri, ma protegge anche se stessi), igienizzazione di luogo, oggetti e mani. Capisco il timore per la possibile assuefazione a una partecipazione alla vita ecclesiale soltanto “a distanza” (o addirittura alla non-partecipazione), ma spero che lei si sbagli e che la giusta preoccupazione delle persone assediate dal Covid finisca presto. Conto anche che tantissimi di noi, se non proprio tutti, abbiano chiaro perché in parrocchie e santuari cattolici queste regole anti-Covid vengono rispettate, è il caso di dirlo, religiosamente. Non sono articoli di fede, ma atti di amore verso la comunità di cui si è parte e per ogni singolo fratello e ogni singola sorella comunque abbia scelto di comportarsi in questo duro tempo pandemico.