Perché in Italia allo stato delle cose c'è in campo un «destracentro»
Gentile direttore,
leggo ed apprezzo il suo giornale da anni, in particolare per le posizioni sempre serie ed equilibrate che sa tenere. Tuttavia nel suo editoriale di martedì 12 ottobre 2021 c’è un passaggio che mi è suonato un po’ strano. Vista la delicata situazione politico- sociale che stiamo vivendo e la necessità, da lei stesso sottolineata, che avremmo di trovare punti di accordo piuttosto che di divisione, non mi è sembrato nel suo stile gettare benzina sul fuoco dividendo l’elettorato italiano in “centrosinistra e destracentro”. Ma forse ho male interpretato le sue parole.
Con quella formula “centrosinistra e destracentro” non ho diviso l’elettorato italiano, gentile lettore, ma fotografato la sua attuale rappresentanza politica. Con la progressiva crisi di identità e di consensi di Forza Italia, la minuscola rilevanza di altre formazioni centriste e la crescita di peso e ruolo di Lega e Fratelli d’Italia, è cambiata radicalmente la connotazione del vecchio centrodestra, che oggi è oggettivamente un destracentro. Sull’altro fronte, invece, resta partito perno il Partito democratico, formazione nativamente (anche se a volte contraddittoriamente) di centrosinistra. Detto questo, è vero che c’è sempre una scelta elettorale dei rappresentati, ma sono le concrete priorità politiche e le collocazioni europee dei rappresentanti (cioè degli eletti) a “colorare” le coalizioni. E sia Lega sia Fdi partecipano a eurocartelli elettorali di destra più o meno radicale. Un’ultima annotazione: destra non è in sé una parolaccia, così come non lo è sinistra. Conta il modo non maldestro e non sinistro – mi permetto questo gioco di parole – di interpretare quelle posizioni politiche. Così come centro non è un concetto (e un “luogo” politico) buono a prescindere, soprattutto quando è solo un modo di dire o la foglia di fico che copre appena un po’ i radicalismi di destra o di sinistra.