Investito sul marciapiede a Roma. Perché ci uccidono così quando siamo solo pedoni
Francesco Valdiserri aveva 18 anni, una zazzera di capelli biondi e un sorriso contagioso. Aveva una mamma e un papà che lo amavano e una sorella che lo adorava. Coltivava sogni, aspirazioni e mille curiosità di ragazzo che non potrà più soddisfare. No, non potrà perché l’altra notte, a Roma, su quella sorta di autopista urbana che continua disgraziatamente ad essere la via Cristoforo Colombo, una vettura l’ha investito in pieno mentre stava sul marciapiede, uccidendolo. A guidare era una 23enne, Chiara Silvestri, che i primi esami hanno trovato positiva al test alcolemico e “non negativa ai cannabinoidi”. Due anni fa la patente le era stata già sospesa per-ché in stato di ebbrezza.
Ora è agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio stradale e sarà la giustizia ad accertare le sue responsabilità. Secondo il codice stradale, lì fermo sul marciapiede, Francesco era un pedone, il 225esimo investito e ucciso quest’anno, in base ai dati raccolti con meticolosità dall’Associazione Asaps. E le statistiche dell’anno passato non sono differenti: nel 2021 si sono contatti infatti 17.164 investimenti di pedoni, in media 47 al giorno, 2 l’ora, con 471 vittime: 330 uomini e 141 donne. Ognuno di loro – proprio come Francesco – aveva una famiglia che l’amava e che ora convive con un lutto.
Venti di loro – proprio come Francesco – sono stati falciati da un automezzo mentre stavano sul marciapiede, in attesa di un amico, di un autobus, di un appuntamento... Altri 180, in media uno ogni due giorni, sono stati uccisi mentre attraversavano sulle strisce. Già, le strisce pedonali, con quell’aggettivo a indicare una fettuccia di strada sicura dove può muoversi chi non sgasa, non accelera, non sorpassa. Fuori dal nostro Paese, in Europa e nel resto del mondo civile, gli attraversamenti pedonali sono qualcosa di “sacro” e non solo nei pressi delle scuole. Sono segnalati con colori vivaci e luci lampeggianti, non pallide zebre visibili a malapena sull’asfalto nero.
E i guidatori le rispettano, rallentano prima di raggiungerle, si fermano, fanno passare i pedoni. E solo dopo, ripartono lentamente. Da noi, nulla di tutto questo. Lo scorso anno gli investimenti di pedoni sulle strisce sono stati 6.762, in media 18 al giorno. Migliaia di tragedie, di rado riportate dalle cronache, con un minimo comune denominatore: la velocità eccessiva, anche in città, la fretta, la distrazione e perfino l’abuso di alcol o di sostanze micidiali da parte di chi pensa di poter far tutto, magari mentre legge un sms o registra un messaggio vocale. E chi se ne importa dei pedoni. Termine singolare, quello di “pedone”: nel vocabolario, indica chi cammina a piedi, in contrapposizione a chi usa veicoli.
Negli scacchi, invece, designa ognuno degli otto piccoli pezzi, bianchi o neri, più deboli rispetto a pezzi importanti come Re e Regina. E così ci sentiamo tutti noi mentre attraversiamo la strada: pedoni piccoli e indifesi, alla mercé di veicoli sregolati. Sulla scacchiera, talvolta, il sacrificio di un pedone viene ritenuto necessario per salvaguardare la posizione del Re. Nella vita reale, invece, le migliaia di sacrifici di pedoni sull’altare della mancanza di regole e di segnali, non salvaguardano nessuno, se non la sfrontatezza di chi vuole sentirsi legibus soluto e fare ciò che vuole, senza freni né limiti. Ed è amaro constatare come, nonostante la strage quotidiana, nei recenti programmi elettorali dei diversi partiti la sicurezza stradale fosse quasi assente.
Eppure Parlamento e governo, anche usando i fondi del Pnrr, di cose ne potrebbero fare. Potrebbero abbassare i limiti di velocità, posizionare dossi e stanziare più pattuglie e autovelox su strade “a rischio”, migliorare la segnaletica visiva e sonora degli attraversamenti. Potrebbero sanzionare duramente chi non si ferma alle strisce (la norma c’è, meno 8 punti patente, ma scarsamente applicata). Potrebbero, ancora, chiedere alle case automobilistiche di dotare ogni nuovo veicolo del sistema Aebs, la frenata automatica d’emergenza in presenza di passanti, in modo che questo assurdo sacrificio quotidiano di pedoni finisca. Non dimentichiamolo, quando la commozione per la morte di Francesco sarà scemata. Non dimentichiamolo, perché Francesco siamo noi, grandi e piccoli, ogni volta che camminiamo per strada.