Opinioni

Fondi per i poveri. Per il Reddito di cittadinanza una vera riforma, non un taglio

Francesco Riccardi giovedì 2 settembre 2021

Il discrimine tra le proposte passa da quanti fondi si vogliono impegnare e come nel contrasto alla miseria

«Follow the money », segui i soldi, dicono gli investigatori che ripercorrono le tracce delle operazioni finanziarie per individuare alcuni reati. Un metodo che potrebbe rilevarsi utile anche per svelare le reali intenzioni di chi oggi propone di abolire o modificare in maniera radicale il Reddito di cittadinanza. Al netto delle speculazioni partitiche e delle ripicche personali, infatti, il nodo decisivo è quello della destinazione delle risorse pubbliche da stanziare: a favore dei poveri o di altri soggetti? Per far crescere l’occupabilità delle persone o sussidiare le imprese?

Sul fatto che il Reddito di cittadinanza abbia bisogno di una seria revisione dei meccanismi di applicazione si registra ormai un consenso quasi unanime e da tempo ne viene sollecitata l’attuazione. Già prima dell’approvazione del decreto da parte del governo M5s-Lega, ad esempio, erano state segnalate le criticità relative alla scala di equivalenza in base alla quale si calcolano sia i criteri di accesso sia gli importi per i singoli e le famiglie. Un errore di impostazione che ha determinato uno dei paradossi più evidenti, e gravi, del Rdc: coprire solo una parte dei poveri assoluti (il 44%) – penalizzando in particolare i nuclei numerosi e di origine straniera – e invece assicurare sussidi a coloro che, come parte dei singoli e delle coppie, non si trovano propriamente in condizioni di miseria (ben il 36% dei percettori). Queste storture, però, si possono, anzi si devono, correggere a costo zero – come ha prospettato Caritas Italiana – semplicemente riequilibrando i 'pesi' assegnati ai diversi soggetti e collegando i criteri d’accesso al costo della vita nelle diverse zone del Paese così come calcolato dal-l’Istat proprio per determinare le soglie di povertà assoluta. Ancora, per scongiurare le truffe di chi non avrebbe diritto a percepire il Reddito a causa di condanne penali e appartenenza a organizzazioni criminali, è sufficiente mettere in collegamento la banca dati dell’Inps con quelle dei Ministeri di Giustizia e Interno che invece colpevolmente non si parlano.

Al netto delle modifiche necessarie per renderlo più funzionale e «centrato» sui più bisognosi, va confermato l’impegno di risorse a favore dei poveri

Tutt’altro discorso è invece quello che riguarda il collocamento di chi è in grado di lavorare. Ma anche in questo caso vanno chiarite le proporzioni: si tratta di circa 1 milione e 150mila persone, quelle tenute a sottoscrivere il Patto per il lavoro. Solo un terzo dei 3,5 milioni di beneficiari complessivi del Rdc che invece comprendono anche anziani, bambini, uomini e donne con difficoltà di carattere sanitario o sociale, che necessita- no di un percorso di assistenza diverso e previo rispetto a quello dell’avviamento al lavoro. Si può calcolare dunque che, pur riequilibrati i criteri d’accesso e di pagamento, almeno i due terzi dell’attuale livello di spesa resterebbero invariati. Degli 8 miliardi di euro oggi impegnati per il Reddito di cittadinanza, cioè, quantomeno 5 miliardi dovrebbero ancora essere spesi per sostenere quella gran parte dei beneficiari che non sono in grado di lavorare ma che tuttavia necessitano di un sostegno, come peraltro avviene da tempo in tutte le nazioni d’Europa. A meno che, ovviamente, non si voglia restringere di molto la platea di assistiti o gli importi del sussidio.

Per fare un confronto in questo senso è utile ricordare la copertura assicurata dal Rei, il Reddito di inclusione varato dal governo di Paolo Gentiloni nell’estate del 2017 e durato dal dicembre di quell’anno a marzo 2019, con una dotazione finanziaria cresciuta nel tempo fino a 2,1 miliardi di euro. Inizialmente limitato alle famiglie con minori, disabili o disoccupati ultra 55enni fu poi esteso a tutti i 'più poveri tra i poveri assoluti' a prescindere dalla loro condizione familiare. Nell’ultimo mese di applicazione, il Rei assicurava però un beneficio ad appena 358mila famiglie alle quali andava un importo medio di 269 euro. Oggi il Reddito di cittadinanza interessa 1,6 milioni di nuclei con un’erogazione media di 548 euro al mese. Il tutto a fronte di 2,1 milioni di famiglie che l’Istat stima in povertà assoluta per un totale di 5,6 milioni di persone bisognose. Ordini di grandezza evidentemente assai diversi.

Oggi con 8 miliardi di euro si assicura un sussidio in media di 548 euro al mese a 1,6 milioni di famiglie sulle 2,1 milioni in povertà assoluta. Il Rei con 2,1 miliardi di fondi beneficiava con 269 euro al mese 358mila nuclei I partiti che propongono l’abolizione del Rdc senza alternative danno adito al sospetto che sia una distruttiva speculazione

Se poi, come sarebbe auspicabile, si volesse davvero stimolare maggiormente la partecipazione al lavoro degli inoccupati, anche 'obbligandoli' ad accettare offerte individuate dai Centri per l’impiego o quantomeno a seguire corsi di formazione, l’eventuale risparmio di spesa sui sussidi non sarebbe significativo, stante la difficoltà a collocare persone che nel 75% dei casi hanno al massimo il diploma di terza media, mentre al contrario occorrerebbe mettere in conto un investimento molto consistente per strutture e personale dei Centri per l’impiego e soprattutto per il finanziamento delle cosiddette politiche attive del lavoro. Sulle quali, per avere un termine di paragone, la Germania e la Francia investono oggi tra gli 11 e i 12 miliardi di euro, il triplo rispetto ai circa 3,5 miliardi stimati per l’Italia in uno studio dei Consulenti del lavoro. Anche aggiungendovi i 5 miliardi di euro che il governo sta progettando di impegnare nei prossimi anni sfruttando i fondi del Pnrr, il livello resterebbe inferiore a quello attualmente utilizzato dai nostri partner europei. A riprova che la massa di investimenti da convogliare verso le politiche attive del lavoro è assai considerevole. E ciò a prescindere da eventuali agevolazioni per le assunzioni di percettori del Reddito di cittadinanza che, peraltro, sono già oggi previste – sotto forma di almeno 5 mensilità di sgravio contributivo per chi assume a tempo indeterminato un beneficiario del Rdc – ma evidentemente non molto utilizzate.

Su questo fronte, inoltre, le statistiche sui posti vacanti rimasti sostanzialmente invariati negli ultimi anni, i dati sui contratti stagionali in netta crescita rispetto agli anni scorsi e la mancanza di manodopera che si è registrata in questa estate in molti Paesi – dagli Usa alla Francia, dalla Gran Bretagna alla Cina – hanno fatto giustizia delle speculazioni politico-mediatiche sul 'Reddito di cittadinanza che favorisce solo il lavoro nero' o 'i ristoranti che non trovano camerieri perché i giovani restano sul divano a prendere il sussidio'.

Tirando le somme, allora, il vero discrimine per giudicare le proposte sul Reddito di cittadinanza passa, prima ancora che dalla modalità di spesa, dall’entità dell’investimento che si intende compiere per contrastare la povertà. Oggi si tratta complessivamente di 8 miliardi di euro che sembrano far gola a molti per diversi utilizzi: dai pensionamenti precoci agli incentivi alle imprese, fino a nuovi sgravi fiscali per il ceto medio. I leader politici di Italia viva, Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia che con più veemenza criticano il Reddito di cittadinanza farebbero bene perciò a rispondere a queste tre domande fondamentali: quanto sono disposti a stanziare per il contrasto alla povertà? Quale platea di bisognosi intendono tutelare? Con quali strumenti al netto delle politiche attive del lavoro, comunque da finanziare?

Senza queste risposte si dà adito al sospetto che l’azione di alcuni partiti derivi, anziché dal desiderio di migliorare uno strumento decisamente perfettibile, da una speculazione politica potenzialmente distruttiva. E, ciò che è più grave, che in tutto questo non tengano in alcun conto i poveri. « Follow the money » e si capiranno le reali intenzioni.