Rischi per i centri convenzionati. Per gli ospedali cattolici una missione da tutelare
È stato approvato alla Camera in questi giorni il disegno di legge in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate, temi la cui complessità etica sotto diversi profili non sfugge a nessuno. Purtroppo anche in questo caso si assiste alla consueta radicalizzazione del confronto che non consente soluzioni serene per temi eticamente sensibili, che esclude la pari tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, che delegittima senza motivazione alcuna la tesi diversa da quella prevalente. Neanche uno stato laico, liberale e democratico, può sottrarsi al dovere di contemperare i vari diritti, nel pieno rispetto della diversità e del sentire di tutti, senza violare la storia, la missione, i valori ispiratori, in altri termini i carismi fondativi, di organizzazioni che hanno fatto la storia sanitaria di questo Paese.
Le posizioni degli ospedali cattolici sul morire con dignità, sull’eutanasia, sull’accanimento terapeutico e sul principio di proporzionalità delle cure sono o dovrebbero essere ben note e sono state da ultimo ancora ribadite nella Nuova Carta degli Operatori Sanitari, a cura del Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute. Ciò che laicamente colpisce è la norma, in conseguenza della quale anche le strutture sanitarie cattoliche, convenzionate con il Servizio Sanitario regionale, non potranno chiedere alle Regioni di essere esonerate dall’applicazione delle norme sul biotestamento che non siano coerenti con i carismi fondazionali, che costituiscono l’essenza dei servizi erogati, compresi in molti casi anche gli aiuti economici, l’assistenza e l’ospitalità alle famiglie dei malati, come nel caso dell’Ospedale di San Pio da Pietrelcina. Ciò che laicamente appare a dir poco incomprensibile, sotto il profilo giuridico ed etico, è il fondamento su cui, secondo taluni, si fa poggiare tale obbligo, ossia la sussistenza di un negozio/convenzione che regola i rapporti tra strutture private non profit e le Regioni, che dilata, oltre ogni ragionevole limite, lo strapotere di una delle due parti, fino al punto da considerare disvalore il modello etico di riferimento a cui la parte contrattualmente più debole si ispira.
Purtroppo una certa informazione ideologizzata continua ad affermare superficialmente che lo Stato finanzia gli ospedali cattolici e ciò gli attribuirebbe poteri di tale natura. Niente di più falso! Il servizio sanitario pubblico, nell’organizzare la sua offerta di servizi, decide in modo assolutamente autonomo le prestazioni da acquistare dai privati, decide in modo unilaterale il prezzo da pagare e non contribuisce, per esempio, al finanziamento dei fattori tecnologico-strutturali occorrenti per la produzione dei servizi acquistati, con evidenti vantaggi economici. L’essenza giuridica di tale rapporto, desumibile peraltro dalle norme statuali vigenti, non giustifica assolutamente l’imposizione di obblighi su temi eticamente sensibili, se non ricorrendo a forme ricattatorie, alle quali peraltro non crediamo in considerazione della nostra personale esperienza. Ci siamo limitati ad argomentazioni di mera logica giuridica, anche se ben altre sarebbero le considerazioni morali che tale tema richiederebbe. Siamo certi che il Legislatore e la buona politica consentiranno agli Ospedali Cattolici di essere fedeli alla missione dei loro Fondatori, senza imporre obblighi che non si giustificano da nessun punto di vista.
*direttore generale Casa Sollievo della Sofferenza