Opinioni

Disabili. Per far spazio a Camilla non servono eroismi ma solo famiglie normali

Luca Russo giovedì 2 gennaio 2025

Camilla ha 4 anni, le guance rosse e la pelle bianca. I capelli castano chiari a caschetto, e ogni tanto porta due codine con gli elastici rosa. Camilla soffre di epilessia farmaco resistente e i tentativi dei neurologi di compensare le crisi recidive è ancora in fase di sperimentazione. Camilla soffre di una sindrome rara, non cammina, non parla, mangia con una sonda gastrica collocata direttamente nello stomaco, ma dorme come un angioletto e sfodera sorrisi infiniti che sciolgono anche i più resistenti. I genitori avevano preparato la cameretta e le prime tutine, il fiocco rosa fuori dal portone del condominio, ma alla notizia della malattia inguaribile sono crollati, hanno tolto in fretta e furia il fiocco dal portone e si sono rinchiusi in un pianto inconsolabile. “Non ce la facciamo”, si sono detti. Hanno abbandonato Camilla in ospedale e il Tribunale ha dichiarato la decadenza della potestà genitoriale. Nelle more dei tempi giudiziari e della ricerca di una famiglia adottiva, Camilla vive in una struttura sanitaria convenzionata, ottime recensioni, pulizia impeccabile, personale attento. Quando si presenta un’emergenza, una crisi respiratoria, un virus intestinale, una bronchite un po' rognosa si corre in ospedale. Durante la degenza non ci saranno con lei gli oss o gli educatori che ha conosciuto in questi anni, ma altro personale dedicato all’assistenza ospedaliera. Finito il ricovero rientra in struttura. Passano gli anni ma Camilla resta ancora in struttura, difficile trovare una famiglia coraggiosa. Eppure nel 2006, al 31 dicembre, si era detto che sarebbero stati chiusi gli istituti per minori e che a ogni bambino sarebbe stata trovata una famiglia. I recenti dati statistici sulla natura delle famiglie – con incremento del numero di genitori monoparentali, aumento di coppie senza figli, drastico e continuo calo di matrimoni, poche promesse a lunga gittata, relazioni amorose mordi e fuggi – fanno sì che trovare un lettino e una cameretta per Camilla diventi un’impresa epica. Le famiglie affidatarie si cercano con il lumicino. Complice il diffondersi di una cultura marcatamente individualista, è sempre più raro trovare famiglie che, centimetro alla mano, prendono le misure di armadio e comodini per vedere se spostando qualche mobilio si riesce a fare spazio a un materasso a una piazza e a un fiocco rosa avanzato in ottimo stato. Il mondo cattolico in prima battuta, ma non solo, qualunque famiglia con umano spessore, sono chiamati a rispondere alla piaga sociale, dilagante e invisibile, della perseverante istituzionalizzazione dei minori in stato di abbandono, in particolare di bambini con disabilità che, pur avendo elevate necessità di cure assistenziali, implorano l’appartenenza a una vita familiare. Le condizioni cliniche di un bambino non fanno di lui un paziente: resta pur sempre un bambino. La relazione empatica, oblativa e stabile di una famiglia è parte della cura di un bimbo con disabilità. Non ci potremo dare pace finché l’ultimo minore adottabile non abbia trovato un lettone dove sprofondare la domenica mattina con le coccole dei genitori e il bacio della buonanotte. Le famiglie cristiane sono chiamate in prima linea a stappare le orecchie e a sentire il grido sommesso e angosciato di chi cerca famiglia. La carità si fa con il centimetro in mano. La carità è gesto concreto e manomette gli arredi e le cianfrusaglie, per buttare via le cose inutili e fare spazio alla vita dimenticata. Per Camilla in realtà non servono coppie coraggiose, ma una famiglia normale, di buon cuore e con un portone dove attaccare un fiocco rosa.